Domenica 12 Febbraio alle 18:00 a Casetta rossa, prima della cena veg a cura della TaBerta, proiettiamo “Amussu” (2019), documentario che racconta la storia di un villaggio in lotta contro il furto delle risorse nel sud est del Marocco. In occasione della proiezione, pubblichiamo la traduzione del documento che spiega il processo che ha portato alla creazione del documentario. Un processo che si basa sulle pratiche decisionali dell’Agraw (l’assemblea generale della comunità, antico sistema democratico Amazigh ereditato dai loro antenati dopo la fondazione della confederazione delle tribù Ait Atta prima dell’istituzione del moderno Stato centrale) e mette al centro le pratiche di resistenza artistiche e poetiche. Premessa fondamentale del film è infatti l’antico proverbio amazigh: “Tar Izli Ur tamu” (un evento senza la sua poesia è un evento che non è mai accaduto).
Il documentario racconta la lotta portata avanti dalla comunità dal 2011, contro la distruzione estrattivista causata dalla miniera di argento più grande dell’Africa. L’acqua estratta per la produzione mineraria è stata infatti sistematicamente inquinata e sottratta alle campagne che sostenevano la vita della comunità. Per questo motivo, il movimento del ’96 decise di sabotare le forniture d’acqua della miniera, occupando il monte Albban, dove si trova la più grande conduttura idrica. Buona lettura!
“Amussu”
Attraverso l’antico proverbio amazigh “Tar Izli Ur tamu” (un evento senza la sua poesia è un evento che non è mai accaduto), lə nostrə antenatə hanno affermato l’importanza della poesia e dell’arte e il loro ruolo fondamentale nella documentazione della nostra storia e nella ricchezza della memoria collettiva. Oggi, i mezzi di comunicazione si sono notevolmente sviluppati. Tuttavia, questo non significa che sostituiremo la poesia dellə nostrə antenatə con il cinema. Ma, piuttosto, che combineremo le due arti per rafforzare il nostro patrimonio culturale e l’eredità della resistenza.
Questa idea è stata applicata al nostro prossimo film documentario, “Amussu”, la cui creazione è di per sé una forma di resistenza. Il film racconta la storia della nostra continua lotta come comunità di Imider, un villaggio situato nel sud-est del Marocco. Negli ultimi decenni, abbiamo affrontato lo sfruttamento abusivo della più grande miniera d’argento dell’Africa, di proprietà della Managem corporation, una filiale della Royal Investment Holding. La nostra lotta riguarda il diritto all’acqua, alla terra e a una vita dignitosa.
Dall’estate del 2011 protestiamo contro le attività minerarie che hanno impoverito le risorse naturali e distrutto l’ambiente della nostra regione. Ma anche contro l’emarginazione e l’impoverimento della nostra regione da parte dello Stato Makhzenista. È per queste ragioni che ha visto la luce il nostro movimento sociale, che abbiamo chiamato “On the Road ’96“. Il suo nome ricorda l’ultima rivolta pacifica della nostra comunità, repressa violentemente nel 1996. Il Movimento sulla Strada ’96 riunisce le persone della tribù Imider, uomini e donne, giovani e anzianə, studentə e contadinə, attraverso l’Agraw – l’assemblea generale della comunità. L’Agraw è un antico sistema democratico Amazigh ereditato dallə nostrə antenatə dopo la fondazione della confederazione delle tribù Ait Atta, prima dell’istituzione del moderno Stato centrale. Con l’Agraw, prendiamo decisioni collettive attraverso la democrazia diretta.
Dopo il quinto anno di protesta, abbiamo deciso di realizzare un lungometraggio con l’aiuto di uno dellə tantə militanti della nostra causa: Nadir Bouhmouch, un giovane e ambizioso regista marocchino con cui abbiamo già collaborato per due cortometraggi e grazie al quale siamo riuscitə a dare il giusto valore a questo lavoro artistico. Avviata nel 2016, anche la produzione di questo film è realizzata attraverso Agraw le cui decisioni sono messe in atto dal “Comitato cinematografico locale di Imider”. Questo metodo di produzione, unico nel suo genere e basato sulla comunità, è lontano da quello tipico della produzione cinematografica odierna.
Le migliaia di persone che hanno espresso solidarietà alla causa di Imider in tutto il mondo hanno spesso compreso la nostra lotta attraverso la lente della resistenza, dei diritti umani, delle richieste, dei diritti all’acqua e del campo di protesta in cima al monte Alebban. Questa volta, però, Amussu rivelerà un mondo finora invisibile a molti, addentrandosi nei dettagli della vita quotidiana dei manifestanti, dei loro sacrifici e delle conquiste del campo di protesta. Attraverso questo lavoro che fonde la settima arte con la nostra ricca tradizione di poesia amazigh, esploreremo storie umane a cui pochə sono statə espostə. Sveleremo le diverse pratiche che regolano il rapporto delle comunità indigene con la terra, le loro conoscenze locali radicate in quelle storiche usanze democratiche che testimoniano la forza dei sistemi sociali e politici indigeni amazigh. Queste si contrappongono a ciò che vediamo oggi: leggi colonialiste che conservano ingiustizia e lo sfruttamento (in particolare le leggi relative alla terra, all’acqua e alle miniere).
Tuttavia, per quanto ricca sia stata questa esperienza, non è stata certo facile. Ci riferiamo al fatto che questo film è stato prodotto autonomamente, indipendentemente da qualsiasi altro ente. In quanto tale, l’intero processo di ripresa ha dovuto essere garantito dalla comunità, poiché abbiamo scelto i tempi e i luoghi giusti per le riprese per evitare le autorità. Alle difficoltà di girare un film in uno Stato repressivo si aggiungono le divergenze di idee tra di noi e tra noi e il regista. Questi aspetti vengono discussi in Agraw con l’obiettivo di raggiungere un consenso che soddisfi tutti, soprattutto nella fase di post-produzione. Al di fuori del processo di ripresa, abbiamo organizzato laboratori di cinema a beneficio dellə giovani e dellə bambinə del campo, sotto la guida della troupe cinematografica e con le stesse attrezzature utilizzate per produrre Amussu. Infatti, alcune scene del documentario sono state girate da questə giovani formatə, a dimostrazione della nostra ferma convinzione del diritto di praticare l’arte e la cultura senza alcuna restrizione. In questo modo abbiamo utilizzato direttamente il cinema, un’arte che non è affatto esclusiva di una certa categoria sociale o di chi ha soldi e autorità.
Nessunə di noi poteva immaginare quanto sarebbe durata la nostra occupazione della conduttura idrica o che un giorno avremmo prodotto un lungo film sulla nostra lotta. Abbiamo sempre sperato che sarebbe arrivato un giorno in cui i nostri problemi sarebbero stati risolti e le nostre vite normali ripristinate con dignità. Allo stesso tempo, rafforziamo la nostra resistenza per adattarci alle peggiori possibilità che potremmo trovarci di fronte un giorno, tra cui la continua indifferenza dello Stato makhzenista o il ritorno all’arresto arbitrario dellə nostrə giovani. In questi anni siamo statə costrettə a trasformare la nostra resistenza in uno stile di vita e ad adottare forme di resistenza sostenibili e a lungo termine, con la convinzione che il cambiamento prima o poi arriverà.
L’esperienza delle riprese di Amussu è inscritta in questa forma di resistenza a lungo termine. È un progetto non solo per e su di noi, lə attuali attivistə del Movimento sulla Strada 96, ma anche per la causa e le idee senza tempo che difendiamo, poiché garantisce la continuità e la comunicazione con le generazioni future e sfida tutti i tentativi di cancellare la nostra storia. Questa cancellazione è già avvenuta in passato, come vediamo oggi con le fuorvianti narrazioni dominanti sulla resistenza della tribù Ait Atta contro il colonialismo nel 1933, e durante le rivolte di Imider contro le azioni distruttive di Managem nel 1986, 1996 e 2004. Pertanto, Amussu funge anche da documento d’archivio per le generazioni a venire, servendo a preservare una parte significativa della memoria collettiva della lotta della nostra tribù.
Inoltre, è opportuno aggiungere che Amussu è un’esperienza cinematografica unica, poiché è il prodotto collettivo di un movimento di protesta sociale e non di una casa di produzione. Si tratta di un risultato raro, il primo del suo genere in Africa. Forse, le esperienze più simili sono quelle dellə indigenə latinoamericanə e dellə aborigenə australianə. Siamo orgogliosə di questo e speriamo che la nostra esperienza possa essere un modello per qualsiasi movimento sociale che voglia farsi sentire. Siamo anche orgogliosə di contribuire alla filmografia di Assamr (il sud-est) e di fornire un nuovo riferimento al mondo per comprendere la lotta del nostro villaggio assediato. Vediamo questo film come una voce di tutte le vittime dell’industria mineraria in Marocco (Tafraout, Askawn Taliwin, Bouazer, Akka Tata, Tighanimine, Tiwitt Iknioun, Oumjrane, Jerrada, ecc.) e la voce di tuttə coloro che lottano contro le industrie estrattive (come quelle dei bacini minerari del sud della Tunisia e dell’Algeria). Incoraggiamo tutte queste comunità a dimostrare maggiore interesse per l’arte della resistenza, l’arte di difendere le cause che ci riguardano tuttə. In particolare, quelle delle comunità indigene, considerando il loro attaccamento alla terra e all’acqua e le loro esperienze nella difesa di queste fonti di vita. Amussu non è solo un film ma un esperimento di resistenza pacifica, che sottoponiamo a tuttə lə attivistə delle cause sociali e ambientali.
Oggi celebriamo il nuovo anno Amazigh 2969. Dopo 90 mesi di esistenza del nostro campo di protesta e 2 anni da quando abbiamo avviato la produzione di questo film, Amussu vede la luce. Oggi, la nostra resistenza continua e conserviamo nella nostra memoria El Haj Mellioui, uno dei personaggi del nostro film che ci ha lasciato dopo una lunga lotta contro la malattia. Speriamo che la nascita di questo film generi nuove vite piene di amore e di speranza. La prima di Amussu si terrà presto qui al campo di protesta di Imider.