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Storie di resistenza – proiezione di Amussu (2019)

Domenica 12 Febbraio alle 18:00 a Casetta rossa, prima della cena veg a cura della TaBerta,  proiettiamo “Amussu” (2019), documentario che racconta la storia di un villaggio in lotta contro il furto delle risorse nel sud est del Marocco. In occasione della proiezione, pubblichiamo la traduzione del documento che spiega il processo che ha portato alla creazione del documentario. Un processo che si basa sulle pratiche decisionali dell’Agraw (l’assemblea generale della comunità, antico sistema democratico Amazigh ereditato dai loro antenati dopo la fondazione della confederazione delle tribù Ait Atta prima dell’istituzione del moderno Stato centrale) e mette al centro le pratiche di resistenza artistiche e poetiche. Premessa fondamentale del film è infatti l’antico proverbio amazigh: “Tar Izli Ur tamu” (un evento senza la sua poesia è un evento che non è mai accaduto).
Il documentario racconta la lotta portata avanti dalla comunità dal 2011, contro la distruzione estrattivista causata dalla miniera di argento più grande dell’Africa. L’acqua estratta per la produzione mineraria è stata infatti sistematicamente inquinata e sottratta alle campagne che sostenevano la vita della comunità. Per questo motivo, il movimento del ’96 decise di sabotare le forniture d’acqua della miniera, occupando il monte Albban, dove si trova la più grande conduttura idrica. Buona lettura!

“Amussu”

Attraverso l’antico proverbio amazigh “Tar Izli Ur tamu” (un evento senza la sua poesia è un evento che non è mai accaduto), lə nostrə antenatə hanno affermato l’importanza della poesia e dell’arte e il loro ruolo fondamentale nella documentazione della nostra storia e nella ricchezza della memoria collettiva. Oggi, i mezzi di comunicazione si sono notevolmente sviluppati. Tuttavia, questo non significa che sostituiremo la poesia dellə nostrə antenatə con il cinema. Ma, piuttosto, che combineremo le due arti per rafforzare il nostro patrimonio culturale e l’eredità della resistenza.

Questa idea è stata applicata al nostro prossimo film documentario, “Amussu”, la cui creazione è di per sé una forma di resistenza. Il film racconta la storia della nostra continua lotta come comunità di Imider, un villaggio situato nel sud-est del Marocco. Negli ultimi decenni, abbiamo affrontato lo sfruttamento abusivo della più grande miniera d’argento dell’Africa, di proprietà della Managem corporation, una filiale della Royal Investment Holding. La nostra lotta riguarda il diritto all’acqua, alla terra e a una vita dignitosa.

Dall’estate del 2011 protestiamo contro le attività minerarie che hanno impoverito le risorse naturali e distrutto l’ambiente della nostra regione. Ma anche contro l’emarginazione e l’impoverimento della nostra regione da parte dello Stato Makhzenista. È per queste ragioni che ha visto la luce il nostro movimento sociale, che abbiamo chiamato “On the Road ’96“. Il suo nome ricorda l’ultima rivolta pacifica della nostra comunità, repressa violentemente nel 1996. Il Movimento sulla Strada ’96 riunisce le persone della tribù Imider, uomini e donne, giovani e anzianə, studentə e contadinə, attraverso l’Agraw – l’assemblea generale della comunità. L’Agraw è un antico sistema democratico Amazigh ereditato dallə nostrə antenatə dopo la fondazione della confederazione delle tribù Ait Atta, prima dell’istituzione del moderno Stato centrale. Con l’Agraw, prendiamo decisioni collettive attraverso la democrazia diretta.

Dopo il quinto anno di protesta, abbiamo deciso di realizzare un lungometraggio con l’aiuto di uno dellə tantə militanti della nostra causa: Nadir Bouhmouch, un giovane e ambizioso regista marocchino con cui abbiamo già collaborato per due cortometraggi e grazie al quale siamo riuscitə a dare il giusto valore a questo lavoro artistico. Avviata nel 2016, anche la produzione di questo film è realizzata attraverso Agraw le cui decisioni sono messe in atto dal “Comitato cinematografico locale di Imider”. Questo metodo di produzione, unico nel suo genere e basato sulla comunità, è lontano da quello tipico della produzione cinematografica odierna.

Le migliaia di persone che hanno espresso solidarietà alla causa di Imider in tutto il mondo hanno spesso compreso la nostra lotta attraverso la lente della resistenza, dei diritti umani, delle richieste, dei diritti all’acqua e del campo di protesta in cima al monte Alebban. Questa volta, però, Amussu rivelerà un mondo finora invisibile a molti, addentrandosi nei dettagli della vita quotidiana dei manifestanti, dei loro sacrifici e delle conquiste del campo di protesta. Attraverso questo lavoro che fonde la settima arte con la nostra ricca tradizione di poesia amazigh, esploreremo storie umane a cui pochə sono statə espostə. Sveleremo le diverse pratiche che regolano il rapporto delle comunità indigene con la terra, le loro conoscenze locali radicate in quelle storiche usanze democratiche che testimoniano la forza dei sistemi sociali e politici indigeni amazigh. Queste si contrappongono a ciò che vediamo oggi: leggi colonialiste che conservano ingiustizia e lo sfruttamento (in particolare le leggi relative alla terra, all’acqua e alle miniere).

Tuttavia, per quanto ricca sia stata questa esperienza, non è stata certo facile. Ci riferiamo al fatto che questo film è stato prodotto autonomamente, indipendentemente da qualsiasi altro ente. In quanto tale, l’intero processo di ripresa ha dovuto essere garantito dalla comunità, poiché abbiamo scelto i tempi e i luoghi giusti per le riprese per evitare le autorità. Alle difficoltà di girare un film in uno Stato repressivo si aggiungono le divergenze di idee tra di noi e tra noi e il regista. Questi aspetti vengono discussi in Agraw con l’obiettivo di raggiungere un consenso che soddisfi tutti, soprattutto nella fase di post-produzione. Al di fuori del processo di ripresa, abbiamo organizzato laboratori di cinema a beneficio dellə giovani e dellə bambinə del campo, sotto la guida della troupe cinematografica e con le stesse attrezzature utilizzate per produrre Amussu. Infatti, alcune scene del documentario sono state girate da questə giovani formatə, a dimostrazione della nostra ferma convinzione del diritto di praticare l’arte e la cultura senza alcuna restrizione. In questo modo abbiamo utilizzato direttamente il cinema, un’arte che non è affatto esclusiva di una certa categoria sociale o di chi ha soldi e autorità.

Nessunə di noi poteva immaginare quanto sarebbe durata la nostra occupazione della conduttura idrica o che un giorno avremmo prodotto un lungo film sulla nostra lotta. Abbiamo sempre sperato che sarebbe arrivato un giorno in cui i nostri problemi sarebbero stati risolti e le nostre vite normali ripristinate con dignità. Allo stesso tempo, rafforziamo la nostra resistenza per adattarci alle peggiori possibilità che potremmo trovarci di fronte un giorno, tra cui la continua indifferenza dello Stato makhzenista o il ritorno all’arresto arbitrario dellə nostrə giovani. In questi anni siamo statə costrettə a trasformare la nostra resistenza in uno stile di vita e ad adottare forme di resistenza sostenibili e a lungo termine, con la convinzione che il cambiamento prima o poi arriverà.

L’esperienza delle riprese di Amussu è inscritta in questa forma di resistenza a lungo termine. È un progetto non solo per e su di noi, lə attuali attivistə del Movimento sulla Strada 96, ma anche per la causa e le idee senza tempo che difendiamo, poiché garantisce la continuità e la comunicazione con le generazioni future e sfida tutti i tentativi di cancellare la nostra storia. Questa cancellazione è già avvenuta in passato, come vediamo oggi con le fuorvianti narrazioni dominanti sulla resistenza della tribù Ait Atta contro il colonialismo nel 1933, e durante le rivolte di Imider contro le azioni distruttive di Managem nel 1986, 1996 e 2004. Pertanto, Amussu funge anche da documento d’archivio per le generazioni a venire, servendo a preservare una parte significativa della memoria collettiva della lotta della nostra tribù.

Inoltre, è opportuno aggiungere che Amussu è un’esperienza cinematografica unica, poiché è il prodotto collettivo di un movimento di protesta sociale e non di una casa di produzione. Si tratta di un risultato raro, il primo del suo genere in Africa. Forse, le esperienze più simili sono quelle dellə indigenə latinoamericanə e dellə aborigenə australianə. Siamo orgogliosə di questo e speriamo che la nostra esperienza possa essere un modello per qualsiasi movimento sociale che voglia farsi sentire. Siamo anche orgogliosə di contribuire alla filmografia di Assamr (il sud-est) e di fornire un nuovo riferimento al mondo per comprendere la lotta del nostro villaggio assediato. Vediamo questo film come una voce di tutte le vittime dell’industria mineraria in Marocco (Tafraout, Askawn Taliwin, Bouazer, Akka Tata, Tighanimine, Tiwitt Iknioun, Oumjrane, Jerrada, ecc.) e la voce di tuttə coloro che lottano contro le industrie estrattive (come quelle dei bacini minerari del sud della Tunisia e dell’Algeria). Incoraggiamo tutte queste comunità a dimostrare maggiore interesse per l’arte della resistenza, l’arte di difendere le cause che ci riguardano tuttə. In particolare, quelle delle comunità indigene, considerando il loro attaccamento alla terra e all’acqua e le loro esperienze nella difesa di queste fonti di vita. Amussu non è solo un film ma un esperimento di resistenza pacifica, che sottoponiamo a tuttə lə attivistə delle cause sociali e ambientali.

Oggi celebriamo il nuovo anno Amazigh 2969. Dopo 90 mesi di esistenza del nostro campo di protesta e 2 anni da quando abbiamo avviato la produzione di questo film, Amussu vede la luce. Oggi, la nostra resistenza continua e conserviamo nella nostra memoria El Haj Mellioui, uno dei personaggi del nostro film che ci ha lasciato dopo una lunga lotta contro la malattia. Speriamo che la nascita di questo film generi nuove vite piene di amore e di speranza. La prima di Amussu si terrà presto qui al campo di protesta di Imider.

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Appello urgente di aiuto per le vittime del terremoto nel Kurdistan settentrionale e occidentale, in Turchia e in Siria

Riceviamo e pubblichiamo l’appello urgente del Congresso Nazionale del Kurdistan a seguito del devastante terremoto che ha colpito il Kurdistan in queste ore.

Kongreya Neteweyî ya Kurdistanê
Kurdistan National Congress

Rue Jean Stas 41, 1060 Bruxelles Tel: 0032 2 647 30 84 Home Page: www.kongrakurdistan.net E-Mail: kongrakurdistan@gmail.com

 

Appello urgente di aiuto per le vittime del terremoto nel Kurdistan settentrionale e occidentale, in Turchia e in Siria

Nelle prime ore di questa mattina, un forte terremoto ha colpito il nord del Kurdistan (Turchia) e il Rojava/Siria settentrionale e orientale, provocando una catastrofe umanitaria.  Il terremoto, di magnitudo 7,8, ha avuto l’epicentro vicino a Mereş (tr. Kahramanmaraş) e Dîlok (tr. Gaziantep), non lontano dal confine con la Siria, e ha causato migliaia di morti, distrutto migliaia di edifici e reso innumerevoli persone senza casa.  Con migliaia di persone ancora intrappolate sotto le macerie, si prevede che il numero delle vittime purtroppo aumenterà di molte volte.

Gli effetti di questo devastante terremoto sono aggravati dallacorruzione pervasiva che è stata istituzionalizzata durante i due decenni di governo di Recep Tayyip Erdogan e del suo Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP).  Le nomine ai ministeri, tra cui il Ministero dell’Ambiente e dell’Urbanizzazione, e ad altri entigovernativi sono determinate dal nepotismo e dalla fedeltà aErdogan e all’AKP piuttosto che dal merito, e i progetti di costruzione, a lungo propagandati dallo Stato turco come simbolodel suo successo, sono assegnati a società con stretti rapporti con l’AKP.

È noto che la Turchia e il Kurdistan si trovano in una posizioneprecaria, vicino a importanti linee di faglia geologiche, chemettono la regione a rischio di forti terremoti.  Un terremotomortale di magnitudo simile ha colpito il Kurdistan meridionale e orientale (Iraq e Iran) nel novembre 2017 e aree della Turchianell’agosto 1999.  Tuttavia, non sono state adottate misuresufficienti per affrontare questo rischio consolidato, nonostante la presenza di aree urbane a crescente densità di popolazione e di due delle principali dighe della Turchia, situate a Riha (tr. Şanlıurfa) e Elazîz (tr. Elazığ), in tutto il Kurdistan settentrionale.

Le aree del Kurdistan settentrionale e della Turchia sono state devastate, con molti edifici crollati ad Amed (tr. Diyarbakir), a 300 km dall’epicentro, e il terremoto ha colpito anche le areeprevalentemente arabe di Hatay in Turchia.

A sud della Turchia, il Rojava/Siria settentrionale e orientale, unaregione già colpita dalle continue campagne di aggressione e occupazione dello Stato turco, ha subito gravi perdite.  Con centinaia di migliaia di sfollati in Siria a causa dell’aggressionemilitare turca, questo terribile terremoto nel cuore dell’invernoaggraverà la crisi umanitaria che colpisce i popoli della regione, tra cui curdi, arabi, cristiani e altri.

Il Congresso Nazionale del Kurdistan condivide il dolore di tutti coloro che hanno subito una perdita a causa di questa tragedia e invia le proprie condoglianze, augurando a tutti i feriti una pronta guarigione.

Sappiamo per esperienza che il regime di Erdogan affronteràquesta catastrofe naturale in modo cinico e con forti pregiudizianti-curdi, e chiediamo a tutti coloro che possono di ascoltarel’appello della Mezzaluna Rossa curda (Heyva Sor a Kurdistanê), che opera sul campo in Kurdistan, e di aiutare il più possibile per soccorrere le persone colpite da questa tragedia ed evitare cheanch’esse cadano vittime dei calcoli politici del regime di Erdogan.

 

Consiglio esecutivo del KNK, 06.02.2032

Indirizzi e conti bancari della Luna Rossa curda (Heyva Sor a Kurdistanê)

Italia – Mezzaluna Rossa Kurdistan Italia ETS (Heyva Sor a Kurdistanê)Via Forte dei Cavalleggeri,53 LivornoBanca Etica IBAN: IT53 R050 1802 8000 0001 6990 236 BIC/ SWIFT: ETICIT22XXX www.mezzalunarossakurdistan.org



Germany – Heyva Sor a Kurdistanê e. V. https://www.heyvasor.com/  Bank: Kreissparkasse KölnBank account Nr.: 40 10 481BLZ: 370 502 99IBAN: DE49 3705 0299 0004 0104 81BIC/SWIFT: COKSDE33XXX www.paypal.me/heyvasorakurdistane



France – Association Humanitaire Soleil Rouge – Roja SorTel: +33 (0) 180 89 42 67 E-mail: contact@rojasorfrance.comCIC TROYES HOTEL DE VILLE IBAN: FR7630087335000002074770150 BIC/ SWIFT:  CMCIFRPPwww.rojasorfrance.com



Switzerland – Kurdistan Roter Halbmond Schweiz (Croissant Rouge du Kurdistan Suisse)Rue des Savoises 15, 1205 Genève Banque Cantonale Vaudoise (Kantonalbank)Konto N°: 10-725-4IBAN: CH62 0076 7000 L543 3416 5BIC/SWIFT: BCVLCH2LXXX www.heyvasor.ch



NetherlandStichting Koerdische Rode Halve Maan (HeyvaSor a Kurdistanê)Fokkerstraat 539 Links, 3125 BD SchiedamEmail: info@stichtingkrhm.nlwww.stichtingkrhm.nl



SwedenInsamlingsstiftelsen Kurdiska Röda Solen(Roja Sor a Kurdistanê)Ankdammsgaten 33, 171 67 SolnaTel.: +46 (08)-27 36 85Email: info@rodasolen.seOrg nr. 802481-5782SWISH:123 40 138 68BANK GIRO: 5589-7672 IBAN: SE04 5000 0000 0537 4106 6753BIC: ESSESESS www.rodasolen.se

Austria Roja Sor a Kurdistanê Brünner Straße 130-134/3/8, 1210 WienTel: 00 43 (0) 676 9126884 BAWAGIBAN: AT751400003010314274BIC : BAWAATWW Konto No: 030 103 14 274BLZ : 14 000rojasor-osterreich.org

United Kingdom Kurdish Red Moon (Heyva Sor a Kurdistanê)Fairfax Hall 11 Portland Gardens London N4 IHUE-mail: heyvasorakurdistane2012@gmail.comRegistered Charity No: 10 93 741 Company No: 42 85 714The Co-operative BankBank Sort code: 089299 Bank Account No: 65863091 IBAN: GB55 CPBK 0892 9965 8630 91BIC: CPBK GB22 www.heyvasoruk.org/



Norway  – Kurdiske Røde Halvmåne Norge (Heyva Sor a Kurdistanê)Hausmanns gate 6 0186 Oslo / NorgeTel: 0047 98 46 33 28Organisasjons nummer: 009124. 84734VIPPS: 21957DNB BANK ASA OSLOAccount/Hesap/Konto No: 1503 40 52953IBAN: NO 15 1503 4052 953BIC/ SWIFT: DNBANOKKXXX



Belgium – ASBL Croissant Rouge du Kurdistan-KoerdischeRode Halve Maan VZW (Heyva Sor a Kurdistanê)Gospertstr. 784700 EupenTlf:0032 (0) 470 94 64 19Numéro d’entreprise:465 073 725BNP PARIBAS FORTISIBAN: BE04 0013 2448 9631BIC/SWIFT : GEBABEBBwww.koerdischerodehalvemaan.be



Japan – Kurdistan Red Moon – Heyva Sor a Kurdistanê( クルディスタン 赤月)Saitama ken kawaguchi shi shiba shinmachi8-22 Sanko build 501( 埼玉県川口市芝新町822 三幸ビル501)Tlf: +81 90 2149 9979JP BANKKonto Nr:10100 – 56545271https://www.facebook.com/Heyva.Sor

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il 28 gennaio consultori in piazza: l’attacco ai consultori è l’ennesimo attacco ai nostri corpi

La sanità pubblica italiana, ormai smantellata da anni di tagli da miliardi di euro, subisce ogni giorno attacchi a livello territoriale, dove luoghi di supporto e informazione come i consultori vengono chiusi e le loro funzioni stravolte e mutilate. Le funzioni fondamentali dei consultori sono molteplici: dall’accompagnamento educativo delle* giovani verso l’autodeterminazione di identità di genere e orientamento sessuale, all’autodeterminazione riproduttiva, passando per il sempre più necessario riconoscimento di patologie specifiche di genere invisibilizzate dalla medicina tradizionale che spesso sono legate e causate da inquinamento ambientale. Per questi motivi condividiamo e sosteniamo le manifestazioni che si terranno sabato 28 gennaio dalle ore 10 nelle piazze di Roma organizzate dall’assemblea delle donne e dei consultori. Qui l’evento Facebook.

Le piazze convocate sono le seguenti:
📍 Via dei Levii 10 ( tuscolana metro A portafurba)
📍 Mercato rionale Giussano/condottieri, Pigneto ( metro C Malatesta)
📍 Mercato di via Orvieto (metro A san Giovanni o Re di Roma)
📍 Giardini Caterina Cicetti Trullo
📍 Castelli Romani ad ALBANO Piazza San Pietro
A seguire il testo della convocazione:

GIU’ LE MANI DAI CONSULTORI!
La chiusura, lo smantellamento dei consultori e il loro trasferimento nelle case di comunità (ex case della salute), sono un attacco diretto alle conquiste e diritti delle donne e delle libere soggettività. Per fare alcuni esempi, la ASL Roma2 (nel Distretto VlI) trasformerà e di fatto chiuderà due consultori, quelli di Via lberia e Via Denina, riducendoli ad ambulatori sanitari. Il consultorio di Via lberia si occuperà solo di vaccinazioni pediatriche, quello di Via Denina solo di ostetricia e ginecologia.

Noi non ci stiamo e grideremo forte che: Un consultorio pediatrico non è un consultorio! Un consultorio ginecologico non è un consultorio!

Ci giungono notizie che in altre Asl di Roma e Provincia si stanno attivando le medesime modalità. Ci batteremo e ci mobiliteremo in piazza e con azioni pubbliche per riprenderci i nostri consultori che, ormai da tempo, sono dimenticati da una politica sanitaria scellerata che neanche dopo I’esperienza della pandemia riesce a capire I’importanza del territorio e di un servizio preventivo gratuito della sanità pubblica.

Con questa politica i dirigenti Asl e regionali andranno a cancellare molti di queste attività socio sanitarie: il servizio psico-sociale, lo Spazio Giovani, la contraccezione e il sostegno e la consulenza alle interruzioni di gravidanza, oltre alla possibilità di seguirle con il metodo farmacologico, I’accoglienza di giovani, coppie, famiglie e tutte le persone di ogni identità di genere, si perde il lavoro di Equipe e di gruppo rivolto alla prevenzione e al benessere psicofisico delle persone.

Ogni consultorio accorpato, ogni consultorio, chiuso, ogni consultorio trasformato in ambulatorio, rappresenterà una grande perdita per la tutela della salute psicofisica delle persone disattendendo la legge istitutiva dei consultori, la legge 194 e il Decreto 8/201I Regione Lazione allegato C.

Noi come assemblee delle donne e libere soggettività (assemblee che si sono costituite in molti territori dell’intera regione), ci mobiliteremo affinché niente passi più sotto silenzio e prevalgano i nostri diritti, desideri e con le nostre lotte saremo presenti in tutte le piazze di Roma e nelle vostre campagne elettorali per scongiurare quello che voi chiamate con falsità trasformazione dei nostri consultori e che invece sarà di fatto la chiusura totale di questi servizi di salute territoriali!

Il Coordinamento delle Assemblee delle Donne
e delle Libere Soggettività dei Consultori del Lazio

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Il 22 Gennaio a fianco del lago che combatte!

Il lago dell’ex Snia ha una storia lunga e combattiva che abbiamo deciso di ripercorrere velocemente: è un lago che si è conquistato il suo spazio contro il cemento e la speculazione, che ha saputo unire umani e non umani in una lotta comune. Oggi però è di nuovo sotto attacco: il 22 gennaio abbracciamo tutt* il monumento naturale! Buona lettura!

Foto Pierre Kattar

Nel quadrante sud-est di Roma, nell’incrocio tra via di Portanaccio e Via prenestina sorge il lago Bullicante. Sorge, in realtà, è una parola sbagliata perché il lago Bullicante non è un lago che è si è creato per delle cause geofisiche determinate, ma piuttosto potremmo dire che è insorto, nel 1992, dalla frattura di una falda acquifera causata dal cantiere per la costruzione di un centro commerciale del costruttore Antonio Pulcini, facendo emergere l’acqua. La particolarità che caratterizza, inoltre, il lago Bullicante, è che è abitato dal suo interno dalle rovine del capitalismo che lo hanno generato, ovvero lo scheletro di un centro commerciale, che è oramai parte integrante dell’ecosistema lago e all’interno del quale incroci microbiotici generano sopra, nel e attraverso il cemento il loro habitat, co-costituendo il loro abitare. Il territorio su cui sorge il lago, inoltre, ospitava una ex fabbrica di viscosa, la Snia, da cui il nome del centro sociale adiacente chiamato appunto ex Snia, che ha rappresentato dal 1922 fino all’anno della sua chiusura, il 1954, una parte di storia politica-sociale importante del quartiere prenestino labicano, e di cui ancora si possono vedere i ruderi.

Il lago, in questi trent’anni di vita, ha dato il via a una rinaturalizzazione esemplare che ha portato alla costituzione di tre habitat molto rari da trovare nel territorio romano, offrendo a Roma una biodiversità necessaria alla vivibilità della città e in particolar modo a un quartiere come quello di Malatesta Pigneto, che è tra i più inquinati, costruiti e ad alta densità demografica. Ad accorgersi dell’importanza di questo lago sono stati in primo luogo le e gli abitanti del quartiere, che da subito hanno sentito il valore non solo di un polmone verde per tutte e tutti, ma anche l’importanza di un luogo quasi interamente lasciato nel suo stato selvatico all’interno del quale sperimentare un tipo di convivenza multi specie, accogliendo e prestando attenzione a tutte le forme di vita, flora e fauna che hanno iniziato a insediarsi nel territorio.

Sono ormai trent’anni che la comunità di abitanti, poi il Forum del parco delle energie e le/gli occupanti del centro sociale ex Snia combattono al fianco del lago per salvaguardarlo e difenderlo. In trent’anni è stato ottenuto, tra le varie battaglie vinte, l’esproprio nel 1995 di una parte del territorio, a cui sono seguite pratiche di autorganizzazione per una gestione dal basso e, nel 2020, la tutela della stessa parte di Monumento naturale ottenuta dalla Regione Lazio sotto la guida di Nicola Zingaretti, e dunque sotto l’amministrazione del Partito Democratico. Ora, la tutela del monumento naturale prevede giuridicamente che il territorio possa mantenere la sua integrità al fine di continuare a esistere.

Questa tutela, però, è stata applicata solo alla parte espropriata del territorio, escludendo il 40% del terreno ancora non espropriato e di proprietà del costruttore Pulcini, ovvero la parte dove si trovano i resti della fabbrica dell’ex Snia viscosa. In questo senso il lago non ha ancora ottenuto la tutela che gli spetta, infatti, uno degli habitat dell’ecosistema lago si sviluppa proprio nella parte privata, dove negli anni di abbandono, come nella parte del parco, molte specie di uccelli hanno nidificato ogni anno, e dove si è sviluppata una flora molto importante per la sussistenza dell’ecosistema tutto. Nonostante l’ex presidente della Regione Lazio abbia promesso l’estensione – necessaria! – del monumento naturale a tutto il perimetro dell’ex Snia viscosa, la firma all’istruttoria che ne avrebbe garantito l’attuazione non è stata ancora apportata, anzi, e Zingaretti si è dimesso senza rispettare la promessa mantenuta.

Ad aggravare la situazione, che aveva già portato il Forum del parco delle energie ad aprire dei tavoli di lavoro alla Regione Lazio per discutere e portare avanti l’istruttoria per il monumento naturale promessa da Zingaretti, dall’ottobre 2022 fino a dicembre, è stata la spiacevole sorpresa di trovare affisso di fronte al cancello dell’ex fabbrica, il 19 dicembre, un cartello che dichiara l’ottenimento del permesso di ricostruire una struttura destinata ad attività produttive, probabilmente un polo logistico, concesso dal comune di Roma, sempre di amministrazione del PD sotto la guida di Gualtieri. La comparsa del cartello è avvenuta, inoltre, dopo la comparsa di ruspe il 14 dicembre, che hanno raschiato il terreno estirpando, o tentando di estirpare, l’habitat presente nella parte privata che già era stato distrutto lo scorso marzo 2021 da altri lavori ma che si stava già rigenerando. Sembra molto difficile non pensare ad un legame tra il ritardo della firma di Nicola Zingaretti e un permesso inaspettato a costruire da parte del comune su un territorio destinato a diventare un monumento naturale, come gli spetta e come è necessario alla città.

Ruspe al lavoro, dicembre 2022

Di fronte a questo triste scenario il Forum del parco delle energie e tante altre forze tra abitanti del quartiere, associazioni, gruppi ecologisti, non staranno a guardare la distruzione di un ecosistema che è inoltre riconosciuto non solo in Italia, ma anche al di fuori, come uno spazio liberato dalle logiche capitalistiche di sfruttamento del territorio e come modello per ripensare gli spazi abbandonati e prosciugati dalla speculazione edilizia sistematica che devasta le nostre città, quindi terre e corpi, umani e non, attraverso immaginari al di fuori di quelli di produzione e di messa a valore capitalistica. Qui aggiornamenti per tutte le mobilitazioni che hanno preso e che stanno prendendo piede.

L’ecosistema del lago però ci sta chiamando con i corpi tutti per continuare a combattere questa lotta che non è solo ecologista ma che è anche politica e sociale, perché un ecosistema sano non è solo aria pulita ma anche salute e giustizia sociale.

Per questo, il 22 gennaio si terrà una giornata di mobilitazione che avrà inizio alle ore 10:00 dentro al lago e che prevederà, tra varie iniziative, di abbracciare tutt* insieme la perimetrazione completa di quello che dovrebbe essere e che è il monumento naturale. Insieme si tenterà di disegnare i contorni permeabili dell’ecosistema del lago, verrà reso visibile e si toccherà con mano.

EX SNIA DEVE DIVENTARE TUTTA MONUMENTO NATURALE.

Un ecosistema non può vivere a metà e noi tutt*, umani come non umani, non possiamo vivere senza di lui.

 

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NO AL 41 BIS! 93esimo giorno di sciopero della fame per Alfredo

Al 93esimo giorno di sciopero della fame di Alfredo contro il regime di 41bis (a cui è sottoposto), l’ergastolo e il carcere ostativo, venerdì 20 gennaio alle ore 17 si apre una settimana di mobilitazioni con un appuntamento davanti al ministero di Giustizia a Roma (giardino di via Arenula) per avere aggiornamenti dagli avvocati sulla situazione di Alfredo e per organizzare le prossime iniziative.

Parlare di carcere e repressione non è mai facile. In particolare quando si attacca il regime 41 bis in quanto strumento di tortura ci si imbatte nel muro di silenzio eretto attorno al moloch dell’antimafia, che dal 2015 ha accorpato anche l’antiterrorismo. Dobbiamo riconoscere allo sciopero della fame di Alfredo, ai prigionieri che lo hanno sostenuto e alla mobilitazione internazionale iniziata in seguito al suo trasferimento in 41bis la capacità di aver fatto crollare questo muro di silenzio.

Gli ultimi 20 anni hanno visto un aumento esponenziale delle strategie repressive contro qualsiasi forma di protesta. Da migliaia di misure di prevenzione distribuite a tappeto tra sfruttate e sfruttati alle decine e decine di indagini per associazione sovversiva. L’appiattimento culturale e l’erosione delle politiche sociali ha prodotto un contesto acritico e indifferente, humus perfetto per la proliferazione di politiche securitarie. Questa macchina repressiva è cresciuta a dismisura, arrivando oggi a potersi permettere di definire “strage politica” un’azione esplosiva avvenuta in piena notte che non ha causato morti, o a condannare a 28 anni in primo grado un nostro compagno anarchico, Juan, accusato di un’azione simile. L’onda generata dal coraggioso gesto di Alfredo ci impone di provare a porre un freno a questa macchina. Dobbiamo e possiamo, ognuno con le proprie capacità, aprire delle crepe all’interno della narrazione giustizialista dominante.

Il carcere non è riformabile neanche quando parliamo dei singoli aspetti di un regime di tortura come il 41 bis.
Ogni dichiarazione di questi ultimi giorni, a seguito dell’arresto di Messina Denaro, dimostra quanto il regime democratico tenga ai suoi strumenti di tortura: la beatificazione dello stragista Dalla Chiesa, il valore del 41 bis per piegare i nemici pubblici, l’utilità dell’ergastolo ostativo per mettere in sicurezza la popolazione.
Con uno scossone oggi ogni attore è tornato al suo posto dimostrando che ogni revisione riformista si autoannulla.
Per questo è importante che le rivendicazioni di Alfredo contro il 41 bis e l’ergastolo non vengano personalizzate qui fuori, che non si parli di storture e che la critica sia radicale come quella che sta portando avanti lui con il suo sciopero della fame a oltranza.
Alfredo ha superato i 90 giorni di sciopero della fame, noi dobbiamo aumentare e dare maggiore forza alle mobilitazioni in corso.

Vorremmo che la presenza sotto al Ministero di giustizia servisse a questo: ad amplificare ulteriormente le rivendicazioni di Alfredo, ad aumentare la pressione nei confronti di coloro che hanno il potere decisionale.

Perché non permettere l’assassinio di Alfredo vuol dire muovere un piccolo passo verso una società che finalmente riesca a fare a meno delle galere.

Compagne e compagni

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Solidarietà a Lutzerath. Da Roma sostegno alla lotta di chi resiste da due anni

Lützerath è un piccolo villaggio in Germania che sorge accanto ad alcune delle più grandi miniere di carbone d’Europa. Rappresenta il vivido esempio dei crimini di cui è responsabile l’industria dei combustibili fossili in Germania, così come in tutto il mondo. Crimini contro l’ambiente e contro l’umanità: inquinamento sistemico ai danni ambientali, sfollamento delle comunità, omicidi di massa, campagne ingannevoli di greenwashing, crisi energetica.
Il progetto tedesco di allargamento del cratere della miniera dimostra come i villaggi e le loro popolazioni vengano cancellati dalla mappa e le persone continuino ad ammalarsi a causa dell’inquinamento da lignite (la tipologia di carbone maggiormente inquinante). Operazioni del genere si verificano in tutto il mondo, generando inondazioni mortali e ondate di calore, siccità e fallimenti dei raccolti, migrazioni climatiche, bollette energetiche alle stelle, malattie dovute all’inquinamento. Nonostante ciò le aziende produttrici di combustibili fossili non hanno intenzione di fermarsi.

A gennaio l’azienda energetica RWE ha deciso di voler distruggere il villaggio di Lützerath con l’aiuto del governo statale per procedere all’estrazione e alla lavorazione del carbone sottostante. Con l’azione di oggi, davanti all’ambasciata tedesca, intendiamo esprimere la nostra solidarietà a quanti resistono a Lutzerath e ne difendono il territorio; vogliamo ribadire che la lignite è la fonte energetica più dannosa per il clima e ricordare che l’area mineraria di Lützerath rappresenta una delle più grandi fonti di CO2 in Europa: una vera e propria bomba di carbonio che ci porta sempre più velocemente verso il disastro climatico.

Riteniamo che i piani di RWE per distruggere questo piccolo villaggio siano inaccettabili! E oggi siamo qui, così come nelle maggiori città europee, per continuare a ripetere che estrarre sempre più combustibili fossili dal suolo NON È una soluzione alla crisi energetica. Non è una soluzione in Germania (come dimostrano i dati) e non lo è da nessun’altra parte del pianeta.
Le aziende produttrici di combustibili fossili stanno alimentando e realizzando profitti record e la loro avidità ci sta portando sempre più a fondo nella crisi climatica.
È ora di chiederne conto!

L’Italia da un punto di vista finanziario è da ritenersi complice con investimenti di soldi pubblici tramite Cassa depositi e prestiti, Intesa San Paolo e Unicredit.
Intesa è il primo investitore italiano con 135 milioni di euro, e non poteva essere altrimenti da parte di quella che è diventata “la banca fossile italiana numero uno” con i suoi 6,4 miliardi di euro di finanziamenti destinati all’industria del fossile nel solo 2021!

Contro tutto questo ci si mobilita con una resistenza: centinaia di attivisti si oppongono alla distruzione, all’estrazione di combustibili fossili ed occupando ciò che resta del villaggio di Lützerath già da più di due anni. Hanno costruito case sugli alberi, capanne e impianti solari, ridando vita al luogo e dimostrando a tutti noi che una società solidale e giusta per il clima è possibile. Il governo statale nero-verde, insieme al governo federale e alla RWE, ha deciso di demolire il villaggio procedendo con lo sgombero imminente da metà gennaio. Ed è per questo che oggi il movimento chiede solidarietà e il nostro sostegno.

Sabato 14 gennaio, a Lützerath si svolgerà una manifestazione autorizzata a cui prenderanno parte diversi migliaia di persone e sarà presente anche l’attivista dei Fridays For Future Greta Thunberg. Mentre la repressione contro gli attivisti per il clima si fa sempre più forte, per noi diventa sempre più chiaro il messaggio: I veri criminali sono le aziende produttrici di combustibili fossili come RWE, che sfruttano in modo spietato il nostro pianeta, alimentano la crisi climatica e distruggendo i mezzi di sussistenza delle persone.

A Roma come climate strike decidiamo di prendere posizione e schierarci insieme agli attivisti che in questi 2 anni e mezzo hanno preso e dato vita all’occupazione di Lützerath, insieme a migliaia di persone e in solidarietà con la società civile globale per la giustizia climatica. A Lützerath si deciderà se la Germania darà il suo giusto contributo all’Accordo sul clima di Parigi.

Chiediamo l’eliminazione del carbone a livello nazionale e che questo sia compatibile con gli impegni presi dalla Germania in materia di protezione del clima.
Gli effetti del cambiamento climatico e dell’estrazione di combustibili fossili sono già sotto gli occhi di tutti!
Effetti che impattano in maniera più violenta sui Paesi che hanno contribuito meno alla crisi climatica.

Per un mondo giusto ed equo, abbiamo bisogno di giustizia climatica. Ciò significa porre fine alle nuove infrastrutture per il petrolio,carbone e il gas fossile, chiederne conto all’industria dei combustibili e accelerare una giusta transizione verso un’energia pulita e rinnovabile a basso costo/accessibile, in un modo che vada a beneficio delle comunità, dei lavoratori e del clima.

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I comunicati stampa e rassegne stampa dell’occupazione sono qui: https://luetzerathlebt.info/presse-und-ressourcen/

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Natale di lusso… pianeta al collasso!

Spegnete le luci e gli addobbi di natale, nascondetevi sotto al tavolo imbandito. Stiamo arrivando.

Se è così facile camminare nelle vie di plastica della nostra città vetrina in questi giorni di festa ed incontrare facce inebetite e sbavanti dall’eccesso delle merci, dalla mostra incessante di oggetti luccicanti di schifo, risulta sempre più complicato illuminare l’opaco, il buio che quelle luci nascondono, il ghigno malefico che quelle facce celano. È il ghigno di un sistema consumistico che crea le chilometriche discariche a cielo aperto nel deserto di Atacama in Cile, scarto delle catene produttive della fast fashion, o i buchi profondi e fangosi delle miniere di metalli e pietre preziose come quella di Diavik in Siberia orientale, che sventrano la terra dei Sud del mondo e i corpi di chi quelle terre le vive.

Non ci faremo imbrogliare da qualche fantoccio che rivendica il lusso green, con catene produttive più sostenibili. Non dimenticheremo in quell’occasione le immagini dei disastri ambientali e delle città industria degli schiavi contemporanei, prodotte da un sistema che a questo costo crea la vostra ricchezza. Il vostro privilegio è il parassita delle nostre forze produttive e vitali.

Alla vostra conservazione opponiamo le rivolte operaie alla Foxconn, al produttivismo il sabotaggio di massa contro i giganti del cemento a Marsiglia, alla mercificazione la moltiplicazione di feste selvagge nelle nostre città immobilizzate.

E mentre voi penserete a che gioiello regalare al partner impellicciato, o a che destinazione scegliere per il vostro viaggetto natalizio in località esotiche, noi cospireremo contro di voi e il vostro stile di vita per renderlo non più possibile, simbolo decadente di una storia già superata.

La vostra ricchezza e i vostri regali di lusso uccidono!

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PIKNIX – 17 dicembre 2022

Questa è una chiamata:
a chi suona, a chi balla, a chi lotta, a chi studia, a chi lavora, a chi abita, a chi occupa a partecipare al primo PIKNIX un picnic collettivo, libero e autogestito contro il nuovo articolo 633bis,  una mobilitazione festosa, favolosa, sovversiva e dissidente.

Emergenza dopo emergenza, governo dopo governo, decreto dopo decreto, si vogliono colpire gli spazi di libertà, di espressione, di socialità e di conflitto.

Il governo Meloni ha dichiarato guerra a chi non ha reddito, mostrando la faccia feroce contro le persone comuni, garantendo impunità a poteri forti e padroni.

È solo una variabile della violenza di Stato che colpisce le condizioni di vita di lavorator3, precar3, disoccupat3, che lascia morire in mare chi non è bianco e scappa da guerre e fame, che gioca sulla pelle delle persone non etero cis, che sgombera e sfratta spazi sociali e occupazioni abitative, che fa morire in carcere chi resiste a una legislazione di costante repressione.

Oggi è toccato ai rave ma da domani toccherà a chi occupa le scuole, le università, le fabbriche, le case, a chi sceglie di scendere in strada, a chi decide di lottare e a chi non ha altra scelta.

L’articolo 633bis rispecchia le logiche di un governo repressivo, corporativista, patriarcale che, guidato dal capitale, usa il suo potere normativo sulla sicurezza e la salute pubblica per incriminare tutto ciò che non può mercificare.

Contro questo decreto liberticida rispondiamo con un’azione di ripresa dello spazio pubblico, libera, autogestita e autoprodotta.

Contro la violenza di chi vuole mettere a profitto le nostre vite, i nostri desideri, la nostra voglia di liberazione.

Senza chiedere il permesso e parallelamente alle mobilitazioni di piazza di tante città italiane, il 17 dicembre a Roma rivendichiamo una TAZ, una zona temporaneamente autonoma, per riprenderci il nostro spazio e il nostro tempo.

PORTA IL TUO CIBO, LA TUA MUSICA, LA TUA ARTE, IL TUO CORPO, LA TUA FANTASIA

MEETING POINT:
ore 13 – metro circo massimo – roma

VADEMECUM:

NON DISCUTERE CON GLI SBIRRI: sei su un prato, fai un picnic e non stai facendo niente di male.

NON ISOLARTI: compattati con il resto delle persone. Se proveranno a intimidirci solo insieme possiamo assicurare lo svolgimento del PIKNIX.

NON PARLARE CON I GIORNALISTI: il PIKNIX è una manifestazione orizzontale e decentralizzata. Siamo noi il nostro media: approfitta del pic nic per metterti in rete.

NON PORTARE SIMBOLI DI PARTITO.

AIUTIAMOCI A TENERE PULITO: porta via i rifiuti. Ancora c’è bisogno di dircelo?

DIVERTITI MA NON TI ACCOLLARE. La riuscita del PIKNIX dipende da tutt3, anche da te!

#NO633bis #NOFasci #NO41bis #NOmolestie #NODiyNOparty

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WE SEE YOUR CRIMES – Stop alla guerra di Erdogan!

Questa mattina è stato sanzionato l’ufficio cultura dell’ambasciata turca, in piazza della Repubblica a Roma. Durante l’azione sono stati accessi fumi per simulare il vigliacco attacco del regime turco con armi chimiche illegali sulla popolazione del Rojava! Invitiamo a mobilitarsi per informare l’opinione pubblica sui crimini di guerra della stato fascista turco!
Riportiamo il comunicato di Defend Kurdistan Roma:

CONTRO L’USO DELLE ARMI CHIMICHE DA PARTE DELLA TURCHIA-YOUR SILENCE KILLS!

Dal 19 novembre 2022 la Turch14 sta bombardando il Rojava (Siria del Nord Est) e il Bashur (Kurdistan Iracheno) senza tregua, colpendo infrastrutture civili per distruggere qualsiasi tipo di servizio alla popolazione.

Ricordiamo Kobane come la città che, con la sua resistenza fatta di donne e uomini insieme sconfisse lo Stato Islamico. Le Unità di Protezione Popolare YPG e delle Donne YPJ divennero un simbolo di libertà e democrazia per tutto il mondo. Ora ci siamo scordate e scordati quanto sia importante difendere questo modello democratico. E’ giunta l’ora di iniziare ad attivarsi e a informarsi sulle atrocità che il sultano Erd0g4n sta compiendo nei territori dell’Amministrazione Autonoma.

Nei bombardamenti, che stanno costando la vita a tantissime persone, oltre ad aerei da guerra e droni UAV, gli aeromobili a pilotaggio remoto, la Turchi4 utilizza armi chimiche. Questa tipologia di armi provoca una morte atroce e il suo utilizzo è vietato dalla Convenzione sulle Armi Chimiche stilata nel 1993 da ben 194 Stati.

Il 26 ottobre scorso Şebnem Korur Fincancı, presidentessa del Consiglio centrale dell’Associazione medica turca (TTB), è stata arrestata ad Ankar4, pochi giorni dopo aver affermato che gli attacchi con armi chimiche dello Stato turco dovrebbero essere indagati. Nel carcere di Diyarbakir, nel Kurdistan inghiottito dalla Turch1a, tre detenuti hanno iniziato uno sciopero della fame di protesta contro l’uso di queste armi.

Inoltre la Turch1a stessa amette l’uso di armi chimiche, il Ministro della Difesa turco Hulusi Akar ha apertamente riconosciuto nel Parlamento turco l’uso di gas lacrimogeni illegali durante un’operazione militare contro il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) nell’Iraq settentrionale. Sono state fatte indagini dall’ IPPNW (Organizzazione internazionale dei fisici per la prevenzione delle armi nucleari)riguardo questa situazione, ma purtroppo a causa dell’ostracismo degli stati nazione coinvolti è sempre molto difficile accedere ai luoghi dove sono stati compiuti gli attacchi.

Finora sappiamo che viene usato fosforo bianco, gas nervino e cloro. Dobbiamo dire basta a questi massacri e iniziare ad avere consapevolezza di ciò che accade senza chiudere gli occhi, Erd0g4n è un massacratore, un avido dittatore sanguinario, non il salvatore che dipingono i media in rapporto alla guerra in Ucraina, non stiamo in silenzio!

Serkeftin!

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BLOCCATO IL CHECK-IN DELLA TURKISH AIRLINES A FIUMICINO CONTRO L’AGGRESSIONE TURCA AL ROJAVA

Questa mattina all’aeroporto di Fiumicino la comunità curda insieme a tantə solidalə ha bloccato il check in della Turkish Airlines per protestare contro il genocidio che Erdogan con la complicità degli stati occidentali sta compiendo nei confronti del popolo curdo e della rivoluzione del Rojava, alimentando la diffusione dei terroristi jihadisti nei territori liberati dalla rivoluzione. Clicca per ascoltare le corrispondenze dell3 compagn3 che si trovano in Rojava. Per rimanere aggiornatə (in inglese) segui il canale telegram Nûçe Ciwan.
Davanti all’ennesimo attacco che la Turchia sta portando avanti contro il confederalismo democratico e la rivoluzione delle donne, davanti alla complicità che Erdogan porta avanti con l’Isis, non possiamo restare a guardare.

COMUNICATO STAMPA del Congresso nazionale del Kurdistan (KNK): fermiamo l’aggressione militare turca contro il Kurdistan!

Il 20 novembre a mezzanotte, aerei da guerra turchi hanno iniziato a bombardare ospedali, scuole e altri obiettivi civili dentro e intorno a Kobanê, compreso il villaggio di Belûniyê a Shahba, a sud-ovest di Kobanê, che ora è popolato da sfollati curdi di Afrin, così come il villaggio di Teqil Beqil vicino a Qerecox a Dêrik nella parte orientale della regione autonoma della Siria settentrionale e orientale. Aerei da guerra turchi hanno preso di mira anche il deposito di grano nella regione di Dahir al-Arab vicino a Zirgan e le aree dei monti Qendil e dei monti Asos nel Kurdistan meridionale (Iraq settentrionale).

L’attacco terroristico a Taksim, Istanbul, il 13 novembre, è stato pianificato ed eseguito dal regime turco AKP-MHP al potere per fornire un pretesto per questi bombardamenti mortali. Senza alcuna indagine, il regime turco ha accusato di questo attacco le Unità di protezione del popolo (YPG), le Unità di protezione delle donne (YPJ) e il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK). Nonostante l’immediato e veemente rifiuto di questa accusa infondata da parte delle Forze democratiche siriane (SDF, l’organizzazione ombrello che comprende YPG e YPJ) e del PKK, il ministro dell’Interno turco Süleyman Soylu, che ha una lunga storia di ostilità contro il popolo curdo, continua a predicare questa falsità per conto dello stato turco.

Ancora una volta, lo stato turco sta lanciando una campagna di aggressione non provocata contro i curdi per distrarre dai vari problemi della Turchia dopo due decenni di governo incontrollato di Recep Tayyip Erdogan e dell’AKP. Dal 17 aprile, il regime di Erdogan ha ripetutamente attaccato postazioni di guerriglieri curdi nel Kurdistan meridionale, utilizzando armi chimiche vietate più di 2.700 volte. Tuttavia, lo stato turco non ha ottenuto nulla con questi attacchi e le forze turche hanno bruciato i corpi dei propri soldati per oscurare l’entità delle loro perdite. Con il recente attacco sotto falsa bandiera a Taksim, Erdogan e l’AKP-MHP sperano di distrarre ulteriormente dalla loro sconfitta nel Kurdistan meridionale e fornire una giustificazione per la loro guerra intensificata contro i curdi in Rojava/Siria settentrionale e orientale.

Il regime fatiscente di Erdogan può rimanere al potere solo sconfiggendo la storica resistenza del popolo curdo alla sua occupazione neo-ottomana del Kurdistan. Con l’attentato a Taksim, Erdogan sperava di presentare la Turchia come vittima del terrorismo perpetrato dai curdi per ottenere il via libera per un attacco al Rojava al vertice del G20 a Bali, e sembra esserci riuscito, visto che il turco Il regime non è in grado di intraprendere questi attacchi senza l’approvazione della Global Coalition to Defeat ISIS, in particolare degli Stati Uniti.

Se la Global Coalition to Defeat ISIS è contraria a questa guerra illegale, allora i suoi membri devono immediatamente compiere passi decisi attraverso misure economiche, politiche, diplomatiche e legali per costringere la Turchia a rispettare il diritto internazionale. In caso contrario, si assumeranno anche la responsabilità delle conseguenze del terrorismo di stato turco contro il popolo curdo e gli altri popoli della Siria settentrionale e orientale.

Chiediamo quindi alle Nazioni Unite, alla Global Coalition to Defeat ISIS, all’Unione Europea e agli Stati Uniti di costringere i loro partner a rispettare i propri obblighi legali.

Consiglio esecutivo del Congresso nazionale del Kurdistan (KNK)
20.11.2022