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Sabato 4 marzo passeggiata eco-transfemminista!

Sabato 4 marzo

@VILLA GORDIANI (ang. via Prenestina / via Dignano d’Istria)

H 11:00

INTERSEZIONI E INFESTAZIONI TRA SCIOPERI GLOBALI 

sabato 4 marzo 

Chiamiamo a Roma Est una passeggiata eco-transfemminista che vuole creare un legame tra le mobilitazioni di venerdì 3 marzo, sciopero globale per il clima, e mercoledì 8 marzo, sciopero globale transfemminista.

Saremo per le strade e negli spazi del quartiere per tradurre in pratica l’intersezionalità delle nostre lotte, mostrando la concretezza della condizione di oppressione che corpi ed ecosistemi vivono per mano dell’etero-cis-patriarcato e dell’estrattivismo capitalista.

Come precar3, sfruttat3, vittime di disastri ambientali, responsabili del lavoro di cura, come corpi non conformi che subiscono violenza e femminicidi-lesbicidi-trans*cidi, come abitanti di un ecosistema sofferente e assoggettato, ci riprenderemo le strade con una passeggiata rumorosa che dia finalmente spazio alle voci multi-specie che ogni giorno vengono silenziate.

La crisi ecologica e climatica è sempre più pervasiva e gli agenti attivi che la incarnano rendono corpi e territori sacrificabili e muti.

Da Villa Gordiani, luogo di storie di violenza ma anche di sorellanza* resistente, al lago Bullicante della Ex-Snia, che lotta contro la cementificazione e gli interessi dei privati; ci riprenderemo gli spazi che sono nostri.

Grideremo con rabbia e con amore che la salute dei territori e dei nostri corpi si costruisce con la cura collettiva delle relazioni e dell’ecosistema metropolitano che abitiamo.

Cura collettiva come rigenerazione e come pratica conflittuale, che dia protagonismo alle soggettività femminilizzate e queer per ribaltare le dinamiche di potere esistenti.

Scendiamo in quartiere perché rifiutiamo il regime di sicurezza imposto dal succedersi di governi reazionari e sbirreschi.

Rifiutiamo questa stretta repressiva che ci toglie l’aria, l’attacco repressivo all3 lavoratrici, l’imposizione della precarietà con il taglio del reddito di cittadinanza e il carovita.

Rifiutiamo gli extra profitti delle aziende del fossile e la militarizzazione che li protegge.

Rifiutiamo la retorica della famiglia naturale e delle differenze biologiche di genere che vorrebbero un mondo di violenza patriarcale dove non c’è spazio per le nostre esistenze.

A tutto questo opponiamo i desideri dei nostri corpi indomabili, per una vita bella! 

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11 marzo a Piombino contro il nuovo rigassificatore

In occasione del lancio della manifestazione nazionale a Piombino contro il piano del governo Meloni di rendere il territorio italiano un hub del gas per l’Europa, ricondividiamo il comunicato di Per il clima – fuori dal fossile e Rete no rigass no Gnl.
Ci vediamo l’11 marzo ore 14:00 a Piombino (viale della resistenza, 4)!

Con l’arrivo delle navi rigassificatrici a Piombino e a Ravenna, è ormai confermato che il governo Meloni in continuità con quello Draghi, sia complice degli interessi delle multinazionali del fossile e che la giustizia climatico-sociale sarà all’ultimo posto della agenda governativa. Anche se parzialmente diversi sono i comportamenti delle amministrazioni locali, l’insieme delle istituzioni, a partire dalle scelte della politica nazionale, ha fermamente ratificato la volontà di andare avanti senza alcun ripensamento, senza ascoltare minimamente le obiezioni di parte significativa delle popolazioni, della scienza, dei comitati di cittadine e cittadini e di quanti hanno inviato argomentate osservazioni.  E – quel che è peggio – si sta disegnando uno scenario in cui non solo Piombino e Ravenna saranno i punti cardine della scelta fossile, ma molti porti e molte località in tutta Italia, dalle Marche alla Sardegna, dalla Sicilia alla Calabria, dalle Puglie alla Liguria e al golfo di Trieste, si apprestano a far parte di un piano che vuole fare del nostro Paese lo snodo in Europa di un sistema energetico basato principalmente sul gas.

Diversi nuovi rigassificatori e potenziamento di quelli esistenti, una miriade di depositi di GNL, estensione della rete dei gasdotti, moltiplicazione dei punti di trivellazione, costruzione di impianti collaterali all’ utilizzo del gas (come quelli per la cattura e stoccaggio della CO2),  senza contare le pesantissime ricadute che tutto ciò avrà sulla salute, sul sistema dei trasporti, della mobilità e sulla vita quotidiana di tante località, in spregio alle istanze di salvaguardia dai rischi, alle reali esigenze di tutela del territorio e alle prospettive della crisi climatica.

Questo è la realtà in barba a tutte le dichiarazioni sulla necessità della transizione ecologica e non si esita a ricorrere alla dichiarazione dello stato di emergenza, che sta rendendo possibile ogni deroga all’ osservanza delle norme ambientali, che chiunque dovrebbe rispettare. Colpendo così anche la democrazia stessa.

Si tratta di un tema che non riguarda “solo” la sicurezza, i danni al territorio, in mare e in terraferma conseguenti agli inevitabili dragaggi continui dei fondali, allo sversamento di tonnellate di cloro in acqua e al suo radicale raffreddamento che altererà l’ecosistema marino e alla costruzione di imponenti ed inutili strutture a terra.  E non si tratta “solo” dei costi elevatissimi che tale strada comporta, dal punto di vista economico oltre che da quello ambientale.

Si tratta soprattutto di decidere se vogliamo legarci per l’eternità alla schiavitù del sistema fossile, costruendo in Italia un’infinità di strutture dedicate mentre, come dimostrano anche gli stessi dati ministeriali, è totalmente falsa la narrazione tossica per la quale saremmo in mancanza di energia ed in emergenza visto peraltro, il paradosso delle voluminose e speculative esportazioni di gas “italiano” verso il mercato europeo (record 2022 = + 578% su 2021,fonte AltraEconomia) e la propensione italica a divenire Hub europeo del gas. 

Al posto di passare con determinazione alle energie rinnovabili, alla produzione decentrata e diffusa, ad un modello sociale più giusto stiamo assistendo ad un’accelerazione spaventosa del sistema estrattivistacome unico modello di vita.

Un vero e proprio assalto alle risorse della Terra, senza alcuna preoccupazione per come è e sarà la vita di coloro che vengono al mondo oggi. Mentre la comunità scientifica evidenzia l’urgenza di porre rimedio invertendo la tendenza in atto, i governi colpevolmente non ancora definiscono i decreti attuativi della legge sulle rinnovabili.

Ancora una volta tocca a noi, a tutte e tutti coloro che vivono e si impegnano nella quotidianità contro la catastrofe ambientale-climatica-sociale, prendere la parola e rilanciare la lotta. Con la mobilitazione e con un’infinità di proposte ed azioni concrete, vogliamo costruire un modello ben diverso, rispettoso della Terra, della giustizia sociale, climatica, alimentare, generazionale e interculturale. Riteniamo che sia ora di ritrovarci, ancora una volta, in tutte le piazze e in tutti i luoghi dove si stanno compiendo le scelte, e di lanciare anche una visibile presenza nazionale della nostra protesta.

giornata di lotta nazionale a Piombino l’11 marzo 2023

Non ci arrendiamo, uscire dalle fonti fossili si può    

– Rete Nazionale No Rigassificatori No Gnl                                                  

– Campagna per il Clima – Fuori dal Fossile

 

 

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Storie di resistenza – proiezione di Amussu (2019)

Domenica 12 Febbraio alle 18:00 a Casetta rossa, prima della cena veg a cura della TaBerta,  proiettiamo “Amussu” (2019), documentario che racconta la storia di un villaggio in lotta contro il furto delle risorse nel sud est del Marocco. In occasione della proiezione, pubblichiamo la traduzione del documento che spiega il processo che ha portato alla creazione del documentario. Un processo che si basa sulle pratiche decisionali dell’Agraw (l’assemblea generale della comunità, antico sistema democratico Amazigh ereditato dai loro antenati dopo la fondazione della confederazione delle tribù Ait Atta prima dell’istituzione del moderno Stato centrale) e mette al centro le pratiche di resistenza artistiche e poetiche. Premessa fondamentale del film è infatti l’antico proverbio amazigh: “Tar Izli Ur tamu” (un evento senza la sua poesia è un evento che non è mai accaduto).
Il documentario racconta la lotta portata avanti dalla comunità dal 2011, contro la distruzione estrattivista causata dalla miniera di argento più grande dell’Africa. L’acqua estratta per la produzione mineraria è stata infatti sistematicamente inquinata e sottratta alle campagne che sostenevano la vita della comunità. Per questo motivo, il movimento del ’96 decise di sabotare le forniture d’acqua della miniera, occupando il monte Albban, dove si trova la più grande conduttura idrica. Buona lettura!

“Amussu”

Attraverso l’antico proverbio amazigh “Tar Izli Ur tamu” (un evento senza la sua poesia è un evento che non è mai accaduto), lə nostrə antenatə hanno affermato l’importanza della poesia e dell’arte e il loro ruolo fondamentale nella documentazione della nostra storia e nella ricchezza della memoria collettiva. Oggi, i mezzi di comunicazione si sono notevolmente sviluppati. Tuttavia, questo non significa che sostituiremo la poesia dellə nostrə antenatə con il cinema. Ma, piuttosto, che combineremo le due arti per rafforzare il nostro patrimonio culturale e l’eredità della resistenza.

Questa idea è stata applicata al nostro prossimo film documentario, “Amussu”, la cui creazione è di per sé una forma di resistenza. Il film racconta la storia della nostra continua lotta come comunità di Imider, un villaggio situato nel sud-est del Marocco. Negli ultimi decenni, abbiamo affrontato lo sfruttamento abusivo della più grande miniera d’argento dell’Africa, di proprietà della Managem corporation, una filiale della Royal Investment Holding. La nostra lotta riguarda il diritto all’acqua, alla terra e a una vita dignitosa.

Dall’estate del 2011 protestiamo contro le attività minerarie che hanno impoverito le risorse naturali e distrutto l’ambiente della nostra regione. Ma anche contro l’emarginazione e l’impoverimento della nostra regione da parte dello Stato Makhzenista. È per queste ragioni che ha visto la luce il nostro movimento sociale, che abbiamo chiamato “On the Road ’96“. Il suo nome ricorda l’ultima rivolta pacifica della nostra comunità, repressa violentemente nel 1996. Il Movimento sulla Strada ’96 riunisce le persone della tribù Imider, uomini e donne, giovani e anzianə, studentə e contadinə, attraverso l’Agraw – l’assemblea generale della comunità. L’Agraw è un antico sistema democratico Amazigh ereditato dallə nostrə antenatə dopo la fondazione della confederazione delle tribù Ait Atta, prima dell’istituzione del moderno Stato centrale. Con l’Agraw, prendiamo decisioni collettive attraverso la democrazia diretta.

Dopo il quinto anno di protesta, abbiamo deciso di realizzare un lungometraggio con l’aiuto di uno dellə tantə militanti della nostra causa: Nadir Bouhmouch, un giovane e ambizioso regista marocchino con cui abbiamo già collaborato per due cortometraggi e grazie al quale siamo riuscitə a dare il giusto valore a questo lavoro artistico. Avviata nel 2016, anche la produzione di questo film è realizzata attraverso Agraw le cui decisioni sono messe in atto dal “Comitato cinematografico locale di Imider”. Questo metodo di produzione, unico nel suo genere e basato sulla comunità, è lontano da quello tipico della produzione cinematografica odierna.

Le migliaia di persone che hanno espresso solidarietà alla causa di Imider in tutto il mondo hanno spesso compreso la nostra lotta attraverso la lente della resistenza, dei diritti umani, delle richieste, dei diritti all’acqua e del campo di protesta in cima al monte Alebban. Questa volta, però, Amussu rivelerà un mondo finora invisibile a molti, addentrandosi nei dettagli della vita quotidiana dei manifestanti, dei loro sacrifici e delle conquiste del campo di protesta. Attraverso questo lavoro che fonde la settima arte con la nostra ricca tradizione di poesia amazigh, esploreremo storie umane a cui pochə sono statə espostə. Sveleremo le diverse pratiche che regolano il rapporto delle comunità indigene con la terra, le loro conoscenze locali radicate in quelle storiche usanze democratiche che testimoniano la forza dei sistemi sociali e politici indigeni amazigh. Queste si contrappongono a ciò che vediamo oggi: leggi colonialiste che conservano ingiustizia e lo sfruttamento (in particolare le leggi relative alla terra, all’acqua e alle miniere).

Tuttavia, per quanto ricca sia stata questa esperienza, non è stata certo facile. Ci riferiamo al fatto che questo film è stato prodotto autonomamente, indipendentemente da qualsiasi altro ente. In quanto tale, l’intero processo di ripresa ha dovuto essere garantito dalla comunità, poiché abbiamo scelto i tempi e i luoghi giusti per le riprese per evitare le autorità. Alle difficoltà di girare un film in uno Stato repressivo si aggiungono le divergenze di idee tra di noi e tra noi e il regista. Questi aspetti vengono discussi in Agraw con l’obiettivo di raggiungere un consenso che soddisfi tutti, soprattutto nella fase di post-produzione. Al di fuori del processo di ripresa, abbiamo organizzato laboratori di cinema a beneficio dellə giovani e dellə bambinə del campo, sotto la guida della troupe cinematografica e con le stesse attrezzature utilizzate per produrre Amussu. Infatti, alcune scene del documentario sono state girate da questə giovani formatə, a dimostrazione della nostra ferma convinzione del diritto di praticare l’arte e la cultura senza alcuna restrizione. In questo modo abbiamo utilizzato direttamente il cinema, un’arte che non è affatto esclusiva di una certa categoria sociale o di chi ha soldi e autorità.

Nessunə di noi poteva immaginare quanto sarebbe durata la nostra occupazione della conduttura idrica o che un giorno avremmo prodotto un lungo film sulla nostra lotta. Abbiamo sempre sperato che sarebbe arrivato un giorno in cui i nostri problemi sarebbero stati risolti e le nostre vite normali ripristinate con dignità. Allo stesso tempo, rafforziamo la nostra resistenza per adattarci alle peggiori possibilità che potremmo trovarci di fronte un giorno, tra cui la continua indifferenza dello Stato makhzenista o il ritorno all’arresto arbitrario dellə nostrə giovani. In questi anni siamo statə costrettə a trasformare la nostra resistenza in uno stile di vita e ad adottare forme di resistenza sostenibili e a lungo termine, con la convinzione che il cambiamento prima o poi arriverà.

L’esperienza delle riprese di Amussu è inscritta in questa forma di resistenza a lungo termine. È un progetto non solo per e su di noi, lə attuali attivistə del Movimento sulla Strada 96, ma anche per la causa e le idee senza tempo che difendiamo, poiché garantisce la continuità e la comunicazione con le generazioni future e sfida tutti i tentativi di cancellare la nostra storia. Questa cancellazione è già avvenuta in passato, come vediamo oggi con le fuorvianti narrazioni dominanti sulla resistenza della tribù Ait Atta contro il colonialismo nel 1933, e durante le rivolte di Imider contro le azioni distruttive di Managem nel 1986, 1996 e 2004. Pertanto, Amussu funge anche da documento d’archivio per le generazioni a venire, servendo a preservare una parte significativa della memoria collettiva della lotta della nostra tribù.

Inoltre, è opportuno aggiungere che Amussu è un’esperienza cinematografica unica, poiché è il prodotto collettivo di un movimento di protesta sociale e non di una casa di produzione. Si tratta di un risultato raro, il primo del suo genere in Africa. Forse, le esperienze più simili sono quelle dellə indigenə latinoamericanə e dellə aborigenə australianə. Siamo orgogliosə di questo e speriamo che la nostra esperienza possa essere un modello per qualsiasi movimento sociale che voglia farsi sentire. Siamo anche orgogliosə di contribuire alla filmografia di Assamr (il sud-est) e di fornire un nuovo riferimento al mondo per comprendere la lotta del nostro villaggio assediato. Vediamo questo film come una voce di tutte le vittime dell’industria mineraria in Marocco (Tafraout, Askawn Taliwin, Bouazer, Akka Tata, Tighanimine, Tiwitt Iknioun, Oumjrane, Jerrada, ecc.) e la voce di tuttə coloro che lottano contro le industrie estrattive (come quelle dei bacini minerari del sud della Tunisia e dell’Algeria). Incoraggiamo tutte queste comunità a dimostrare maggiore interesse per l’arte della resistenza, l’arte di difendere le cause che ci riguardano tuttə. In particolare, quelle delle comunità indigene, considerando il loro attaccamento alla terra e all’acqua e le loro esperienze nella difesa di queste fonti di vita. Amussu non è solo un film ma un esperimento di resistenza pacifica, che sottoponiamo a tuttə lə attivistə delle cause sociali e ambientali.

Oggi celebriamo il nuovo anno Amazigh 2969. Dopo 90 mesi di esistenza del nostro campo di protesta e 2 anni da quando abbiamo avviato la produzione di questo film, Amussu vede la luce. Oggi, la nostra resistenza continua e conserviamo nella nostra memoria El Haj Mellioui, uno dei personaggi del nostro film che ci ha lasciato dopo una lunga lotta contro la malattia. Speriamo che la nascita di questo film generi nuove vite piene di amore e di speranza. La prima di Amussu si terrà presto qui al campo di protesta di Imider.

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Appello urgente di aiuto per le vittime del terremoto nel Kurdistan settentrionale e occidentale, in Turchia e in Siria

Riceviamo e pubblichiamo l’appello urgente del Congresso Nazionale del Kurdistan a seguito del devastante terremoto che ha colpito il Kurdistan in queste ore.

Kongreya Neteweyî ya Kurdistanê
Kurdistan National Congress

Rue Jean Stas 41, 1060 Bruxelles Tel: 0032 2 647 30 84 Home Page: www.kongrakurdistan.net E-Mail: kongrakurdistan@gmail.com

 

Appello urgente di aiuto per le vittime del terremoto nel Kurdistan settentrionale e occidentale, in Turchia e in Siria

Nelle prime ore di questa mattina, un forte terremoto ha colpito il nord del Kurdistan (Turchia) e il Rojava/Siria settentrionale e orientale, provocando una catastrofe umanitaria.  Il terremoto, di magnitudo 7,8, ha avuto l’epicentro vicino a Mereş (tr. Kahramanmaraş) e Dîlok (tr. Gaziantep), non lontano dal confine con la Siria, e ha causato migliaia di morti, distrutto migliaia di edifici e reso innumerevoli persone senza casa.  Con migliaia di persone ancora intrappolate sotto le macerie, si prevede che il numero delle vittime purtroppo aumenterà di molte volte.

Gli effetti di questo devastante terremoto sono aggravati dallacorruzione pervasiva che è stata istituzionalizzata durante i due decenni di governo di Recep Tayyip Erdogan e del suo Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP).  Le nomine ai ministeri, tra cui il Ministero dell’Ambiente e dell’Urbanizzazione, e ad altri entigovernativi sono determinate dal nepotismo e dalla fedeltà aErdogan e all’AKP piuttosto che dal merito, e i progetti di costruzione, a lungo propagandati dallo Stato turco come simbolodel suo successo, sono assegnati a società con stretti rapporti con l’AKP.

È noto che la Turchia e il Kurdistan si trovano in una posizioneprecaria, vicino a importanti linee di faglia geologiche, chemettono la regione a rischio di forti terremoti.  Un terremotomortale di magnitudo simile ha colpito il Kurdistan meridionale e orientale (Iraq e Iran) nel novembre 2017 e aree della Turchianell’agosto 1999.  Tuttavia, non sono state adottate misuresufficienti per affrontare questo rischio consolidato, nonostante la presenza di aree urbane a crescente densità di popolazione e di due delle principali dighe della Turchia, situate a Riha (tr. Şanlıurfa) e Elazîz (tr. Elazığ), in tutto il Kurdistan settentrionale.

Le aree del Kurdistan settentrionale e della Turchia sono state devastate, con molti edifici crollati ad Amed (tr. Diyarbakir), a 300 km dall’epicentro, e il terremoto ha colpito anche le areeprevalentemente arabe di Hatay in Turchia.

A sud della Turchia, il Rojava/Siria settentrionale e orientale, unaregione già colpita dalle continue campagne di aggressione e occupazione dello Stato turco, ha subito gravi perdite.  Con centinaia di migliaia di sfollati in Siria a causa dell’aggressionemilitare turca, questo terribile terremoto nel cuore dell’invernoaggraverà la crisi umanitaria che colpisce i popoli della regione, tra cui curdi, arabi, cristiani e altri.

Il Congresso Nazionale del Kurdistan condivide il dolore di tutti coloro che hanno subito una perdita a causa di questa tragedia e invia le proprie condoglianze, augurando a tutti i feriti una pronta guarigione.

Sappiamo per esperienza che il regime di Erdogan affronteràquesta catastrofe naturale in modo cinico e con forti pregiudizianti-curdi, e chiediamo a tutti coloro che possono di ascoltarel’appello della Mezzaluna Rossa curda (Heyva Sor a Kurdistanê), che opera sul campo in Kurdistan, e di aiutare il più possibile per soccorrere le persone colpite da questa tragedia ed evitare cheanch’esse cadano vittime dei calcoli politici del regime di Erdogan.

 

Consiglio esecutivo del KNK, 06.02.2032

Indirizzi e conti bancari della Luna Rossa curda (Heyva Sor a Kurdistanê)

Italia – Mezzaluna Rossa Kurdistan Italia ETS (Heyva Sor a Kurdistanê)Via Forte dei Cavalleggeri,53 LivornoBanca Etica IBAN: IT53 R050 1802 8000 0001 6990 236 BIC/ SWIFT: ETICIT22XXX www.mezzalunarossakurdistan.org



Germany – Heyva Sor a Kurdistanê e. V. https://www.heyvasor.com/  Bank: Kreissparkasse KölnBank account Nr.: 40 10 481BLZ: 370 502 99IBAN: DE49 3705 0299 0004 0104 81BIC/SWIFT: COKSDE33XXX www.paypal.me/heyvasorakurdistane



France – Association Humanitaire Soleil Rouge – Roja SorTel: +33 (0) 180 89 42 67 E-mail: contact@rojasorfrance.comCIC TROYES HOTEL DE VILLE IBAN: FR7630087335000002074770150 BIC/ SWIFT:  CMCIFRPPwww.rojasorfrance.com



Switzerland – Kurdistan Roter Halbmond Schweiz (Croissant Rouge du Kurdistan Suisse)Rue des Savoises 15, 1205 Genève Banque Cantonale Vaudoise (Kantonalbank)Konto N°: 10-725-4IBAN: CH62 0076 7000 L543 3416 5BIC/SWIFT: BCVLCH2LXXX www.heyvasor.ch



NetherlandStichting Koerdische Rode Halve Maan (HeyvaSor a Kurdistanê)Fokkerstraat 539 Links, 3125 BD SchiedamEmail: info@stichtingkrhm.nlwww.stichtingkrhm.nl



SwedenInsamlingsstiftelsen Kurdiska Röda Solen(Roja Sor a Kurdistanê)Ankdammsgaten 33, 171 67 SolnaTel.: +46 (08)-27 36 85Email: info@rodasolen.seOrg nr. 802481-5782SWISH:123 40 138 68BANK GIRO: 5589-7672 IBAN: SE04 5000 0000 0537 4106 6753BIC: ESSESESS www.rodasolen.se

Austria Roja Sor a Kurdistanê Brünner Straße 130-134/3/8, 1210 WienTel: 00 43 (0) 676 9126884 BAWAGIBAN: AT751400003010314274BIC : BAWAATWW Konto No: 030 103 14 274BLZ : 14 000rojasor-osterreich.org

United Kingdom Kurdish Red Moon (Heyva Sor a Kurdistanê)Fairfax Hall 11 Portland Gardens London N4 IHUE-mail: heyvasorakurdistane2012@gmail.comRegistered Charity No: 10 93 741 Company No: 42 85 714The Co-operative BankBank Sort code: 089299 Bank Account No: 65863091 IBAN: GB55 CPBK 0892 9965 8630 91BIC: CPBK GB22 www.heyvasoruk.org/



Norway  – Kurdiske Røde Halvmåne Norge (Heyva Sor a Kurdistanê)Hausmanns gate 6 0186 Oslo / NorgeTel: 0047 98 46 33 28Organisasjons nummer: 009124. 84734VIPPS: 21957DNB BANK ASA OSLOAccount/Hesap/Konto No: 1503 40 52953IBAN: NO 15 1503 4052 953BIC/ SWIFT: DNBANOKKXXX



Belgium – ASBL Croissant Rouge du Kurdistan-KoerdischeRode Halve Maan VZW (Heyva Sor a Kurdistanê)Gospertstr. 784700 EupenTlf:0032 (0) 470 94 64 19Numéro d’entreprise:465 073 725BNP PARIBAS FORTISIBAN: BE04 0013 2448 9631BIC/SWIFT : GEBABEBBwww.koerdischerodehalvemaan.be



Japan – Kurdistan Red Moon – Heyva Sor a Kurdistanê( クルディスタン 赤月)Saitama ken kawaguchi shi shiba shinmachi8-22 Sanko build 501( 埼玉県川口市芝新町822 三幸ビル501)Tlf: +81 90 2149 9979JP BANKKonto Nr:10100 – 56545271https://www.facebook.com/Heyva.Sor