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BLOCCATO IL CHECK-IN DELLA TURKISH AIRLINES A FIUMICINO CONTRO L’AGGRESSIONE TURCA AL ROJAVA

Questa mattina all’aeroporto di Fiumicino la comunità curda insieme a tantə solidalə ha bloccato il check in della Turkish Airlines per protestare contro il genocidio che Erdogan con la complicità degli stati occidentali sta compiendo nei confronti del popolo curdo e della rivoluzione del Rojava, alimentando la diffusione dei terroristi jihadisti nei territori liberati dalla rivoluzione. Clicca per ascoltare le corrispondenze dell3 compagn3 che si trovano in Rojava. Per rimanere aggiornatə (in inglese) segui il canale telegram Nûçe Ciwan.
Davanti all’ennesimo attacco che la Turchia sta portando avanti contro il confederalismo democratico e la rivoluzione delle donne, davanti alla complicità che Erdogan porta avanti con l’Isis, non possiamo restare a guardare.

COMUNICATO STAMPA del Congresso nazionale del Kurdistan (KNK): fermiamo l’aggressione militare turca contro il Kurdistan!

Il 20 novembre a mezzanotte, aerei da guerra turchi hanno iniziato a bombardare ospedali, scuole e altri obiettivi civili dentro e intorno a Kobanê, compreso il villaggio di Belûniyê a Shahba, a sud-ovest di Kobanê, che ora è popolato da sfollati curdi di Afrin, così come il villaggio di Teqil Beqil vicino a Qerecox a Dêrik nella parte orientale della regione autonoma della Siria settentrionale e orientale. Aerei da guerra turchi hanno preso di mira anche il deposito di grano nella regione di Dahir al-Arab vicino a Zirgan e le aree dei monti Qendil e dei monti Asos nel Kurdistan meridionale (Iraq settentrionale).

L’attacco terroristico a Taksim, Istanbul, il 13 novembre, è stato pianificato ed eseguito dal regime turco AKP-MHP al potere per fornire un pretesto per questi bombardamenti mortali. Senza alcuna indagine, il regime turco ha accusato di questo attacco le Unità di protezione del popolo (YPG), le Unità di protezione delle donne (YPJ) e il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK). Nonostante l’immediato e veemente rifiuto di questa accusa infondata da parte delle Forze democratiche siriane (SDF, l’organizzazione ombrello che comprende YPG e YPJ) e del PKK, il ministro dell’Interno turco Süleyman Soylu, che ha una lunga storia di ostilità contro il popolo curdo, continua a predicare questa falsità per conto dello stato turco.

Ancora una volta, lo stato turco sta lanciando una campagna di aggressione non provocata contro i curdi per distrarre dai vari problemi della Turchia dopo due decenni di governo incontrollato di Recep Tayyip Erdogan e dell’AKP. Dal 17 aprile, il regime di Erdogan ha ripetutamente attaccato postazioni di guerriglieri curdi nel Kurdistan meridionale, utilizzando armi chimiche vietate più di 2.700 volte. Tuttavia, lo stato turco non ha ottenuto nulla con questi attacchi e le forze turche hanno bruciato i corpi dei propri soldati per oscurare l’entità delle loro perdite. Con il recente attacco sotto falsa bandiera a Taksim, Erdogan e l’AKP-MHP sperano di distrarre ulteriormente dalla loro sconfitta nel Kurdistan meridionale e fornire una giustificazione per la loro guerra intensificata contro i curdi in Rojava/Siria settentrionale e orientale.

Il regime fatiscente di Erdogan può rimanere al potere solo sconfiggendo la storica resistenza del popolo curdo alla sua occupazione neo-ottomana del Kurdistan. Con l’attentato a Taksim, Erdogan sperava di presentare la Turchia come vittima del terrorismo perpetrato dai curdi per ottenere il via libera per un attacco al Rojava al vertice del G20 a Bali, e sembra esserci riuscito, visto che il turco Il regime non è in grado di intraprendere questi attacchi senza l’approvazione della Global Coalition to Defeat ISIS, in particolare degli Stati Uniti.

Se la Global Coalition to Defeat ISIS è contraria a questa guerra illegale, allora i suoi membri devono immediatamente compiere passi decisi attraverso misure economiche, politiche, diplomatiche e legali per costringere la Turchia a rispettare il diritto internazionale. In caso contrario, si assumeranno anche la responsabilità delle conseguenze del terrorismo di stato turco contro il popolo curdo e gli altri popoli della Siria settentrionale e orientale.

Chiediamo quindi alle Nazioni Unite, alla Global Coalition to Defeat ISIS, all’Unione Europea e agli Stati Uniti di costringere i loro partner a rispettare i propri obblighi legali.

Consiglio esecutivo del Congresso nazionale del Kurdistan (KNK)
20.11.2022

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SANZIONIAMO IL LUSSO!

Stamattina abbiamo occupato e sanzionato il terminal dei jet privati di Ciampino, luogo di ingiustizia sociale e climatica.

Il 35% dei voli di Ciampino su base settimanale sono jet privati con un impatto ecologico e acustico pesantissimo in tutto il quadrante sudest di Roma.

In Europa il 50% della Co2 emessa dall’aviazione è da attribuire all’1% più ricco della popolazione che si sposta su jet privati. Un volo su 5 è costituito da tratte inferiori a 30 min di durata, dei quali il 70 % sono viaggi di piacere.

In Italia in un anno è stata calcolato che i jet privati emettono tanta Co2 quanta quella prodotta da quasi 20.000 persone che si spostano in auto, aerei di linea e mezzi pubblici.

Questo è insostenibile da ogni punto di vista: sociale, ecologico, umano. Un disastro sistemico di cui l’élite economica e politica di questo paese è responsabile e mandante.

 

Oggi finisce la COP27 (La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) in Egitto, uno strumento governativo strutturalmente inefficace e dannoso. Un vertice dominato da sponsor come Coca Cola e da lobby del fossile prostrate a difendere un sistema estrattivista e sfruttatore che sta portando il pianeta al collasso ecosistemico.

Quest’anno il vertice è ospitato da un paese governato da un dittatore che reprime in modo violento qualunque dissenso o conflitto, colluso con i governi occidentali. Come se non bastasse i potenti del mondo sono giunti a Sharm El Sheikh per parlare di crisi ecologica su circa 400 jet privati che emettono la stessa CO2 di 15.000 europei in un anno.

 

A questo vertice e al suo fallimento strutturale opponiamo un modello di affrontare la crisi climatica che sia alternativo e antagonista al modello Cop: una rivoluzione ecologista costruita dal basso, intrecciata indissolubilmente con una lotta di classe quanto mai necessaria per far fronte al carovita prodotto dalle crisi.  Agiamo affinché i sanzionamenti si moltiplichino, si replichino e si diversifichino, e perché “Sanzioniamo il lusso” diventi una pratica diffusa di lotta.

“Sanzioniamo il lusso” intende esplicitare la dinamica estrattivista e colonialista che regge gli stili di vita delle classi agiate dei Nord Globali e per questo non rimarremo a guardare nonostante la tendenza politica repressiva e autoritaria confermata dal nuovo governo.

SEMINIAMO CONFLITTI PERCHÉ FINE DEL MONDO E FINE DEL MESE SONO LA STESSA LOTTA

ROMA CLIMATE STRIKE

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RUTTO SUL LUSSO!

Nelle ultime mattine qua a Roma ricchi, riccastri e padroncini hanno avuto un risveglio meno comodo del solito.

Uno spettro si aggira per la città, si è intrufolato nei luoghi del lusso cittadino, nei quartieri alti in cui mai mettiamo piede, nelle Università private vicine a Confindustria, e gli ha mostrato tutta la loro bruttezza.

Sanzioniamo il lusso!

Sulla scia delle molte azioni portate avanti dal movimento in Europa, dallo sgonfiamento dei Suv, al blocco dei Jet privati, Roma si attiva nel sanzionare il lusso e nel metterlo a critica come modo di vita insostenibile per il pianeta e per i popoli. Davanti le immagini dei disastri climatici che hanno colpito il Pakistan, l’Indonesia, che hanno creato la siccità in Piemonte, e devastato le foreste delle Dolomiti, il lusso e lo sfoggio spudorato della ricchezza appaiono insopportabili e nel loro lato predatorio e mortifero.

Dai negozi di alta moda del centro, ai macchinoni di lusso responsabili di enormi emissioni di CO2, dalla Università privata Luiss in mano alle elite economiche della città, alle grandi banche di investimento privato che finanziano le aziende del fossile, appare una Roma solo per pochi che alimenta lo sfruttamento sul lavoro, ci ruba lo spazio vitale, e sottrae risorse ai popoli e alle terre del Sud globale, portando il pianeta alla crisi ecosistemica.

Di tutto questo ne abbiamo abbastanza. Saremo noi il vostro rischio d’impresa. Saremo noi a bloccare e ad impedire che le vostre vite di lusso portino al collasso il pianeta.

VOSTRO IL LUSSO NOSTRO IL COLLASSO
FINE DEL MONDO, FINE DEL MESE, STESSA LOTTA

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#Makethempay, è arrivato il momento.

Sanziona il lusso!

Attivist3 ecologist3 di tutto il continente stanno rimettendo al centro della lotta al collasso ecosistemico l’ingiustizia sociale di questa crisi. Ci uniamo ai tanti sanzionamenti al lusso che stanno invadendo luoghi simbolo dell’assurdità dei consumi dell’1% della popolazione mondiale, luoghi simbolo di uno stile di vita che mangia le risorse di tutt3.

#Eattherich! Questo hanno detto ad Amsterdam le centinaia di attivist3 che hanno bloccato la partenza dei jet privati nell’aeroporto Olandese o successivamente durante un blocco a Milano Linate.

Mentre nell’estate più fresca dei prossimi anni la siccità affliggeva il nostro continente e l’acqua veniva razionata, alcuni campi da golf francesi sono stati lo scenario di un altro sanzionamento: durante la notte sono state cementate le buche per reclamare l’insopportabile spreco d’acqua riservato allo sport di pochi.

E in questo autunno, in cui il caro vita opprime le esistenze di molte persone, è approdata in Italia la pratica dello sgonfiamento delle ruote dei Suv che il collettivo SuVversivə ha indirizzato agli abitanti dei quartieri bene di Torino ispirandosi ai Tyre Extinguishers del nord Europa.

È stato chiaro anche a Napoli che non è più accettabile la disuguaglianza sociale i cui simboli sono esposti nelle vetrine dello shopping di lusso che l3 compagn3 in corteo GKN, Disoccupati 7 novembre e Laboratorio Iskra hanno sanzionato lo scorso 5 novembre.

Ci meritiamo una vita bella, come dicono l3 student3 di Bologna, che qualche giorno fa hanno sanzionato SAPORI&DINTORNI.

È arrivato il momento che siano loro a pagare e di riappropriarci di quello che spetta a tutt3.

FINE DEL MONDO, FINE DEL MESE, STESSA LOTTA

Amsterdam
Milano Linate
Campi da golf francesi
Tyre extinguishers
Napoli
Bologna

 

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Tutt3 odiano la Cop, tranne i potenti.

Non deleghiamo il nostro futuro: rivoltiamoci contro il presente!

Da una settimana è in corso la ventisettesima Conferenza delle parti (Cop 27), che quest’anno si tiene a Sharm el-Sheikh, in Egitto. Fin dalla loro creazione, le Cop si sono configuarate come i principali strumenti internazionali di gestione dall’alto dei cambiamenti climatici e della crisi ecologica, dove governi, organizzazioni e rappresentanti delle imprese si incontrano per fare un punto sul proseguire della crisi.

Come da anni i movimenti ecologisti e sociali sostengono, però, ciò che dovrebbe rappresentare la soluzione, è invece buona parte del problema.

In questa edizione è particolarmente evidente come il modello Cop, e in generale la gestione nazionale e internazionale della crisi climatica, proceda strutturalmente astraendo la giustizia climatica da quella sociale, attraverso un’abile operazione di greenwashing. Non a caso è stato scelto l’Egitto come paese ospitante: il regime di Al-Sisi garantisce a governi e multinazionali riuniti nei resort affacciati sul Mar Rosso di discutere su come tutelare al meglio i propri profitti. Il governo egiziano, al contempo, impone al paese una violentissima repressione del dissenso politico, come più volte denunciato da attivistə locali e non. L‘uso costante della tortura fisica e psicologica nelle carceri, delle sparizioni e della violenza poliziesca, garantisce alle multinazionali di guadagnare indisturbate miliardi nel territorio egiziano, come fa Eni nel giacimento di Zohr.

Protesta a Sharm el-Sheikh con fazzoletto alla bocca per rimarcare l’impossibilità di parola imposta con la violenza dal governo egiziano
La gestione della crisi climatica, nella transizione dall’alto decantata dai potenti, va di pari passo con la repressione delle più basiche libertà individuali e collettive e dei diritti umani. E non è solo il caso dell’Egitto: anche in Italia si procede a passo spedito verso una gestione sempre più brutale delle tensioni sociali, inasprendo le pene e continuando ad applicare regimi detentivi di tortura come il 41 bis.
In linea con questo, la presenza di Meloni alla Cop27 non sta facendo altro che consolidare una strategia già largamente utilizzata: i politici, infatti, si arrogano la legittimità di creare un immaginario e una retorica per la quale si fanno fintamente carico della crisi ecologica, pretendendosi completamente slegati -e spesso in controtendenza- dagli interventi che operano sulla realtà tragica della crisi ecologica, verso la quale agiscono invece in modo repressivo e tutelante dello status quo. E’ così, quindi, che Meloni millanta una riduzione del 55% delle emissioni italiane entro il 2030, mentre tra i primi atti del nuovo governo c’è stata l’abolizione del divieto di estrazione offshore entro le 12 miglia marine.

Questa concezione di ecologismo classista, coloniale e nemico della giustizia sociale ha i piedi d’argilla e le ore contate.

E’ evidente, infatti, come le Cop utilizzino degli strumenti di risoluzione della crisi strutturalmente inefficaci, o meglio peggiorativi. La logica di governo della crisi climatica ripropone gli elementi che storicamente l’hanno generata: la finanza è lo strumento principale, in quanto vengono utilizzati diffusamente meccanismi di disincentivo economico e compravendita delle emissioni.

Esempio di questo è il modello proposto dagli Stati Uniti in questa Cop, l’Energy Transition Accelerator. Si tratta di un accordo in cui, con la stretta collaborazione delle fondazioni (la Rockefeller Foundation e il Bezos Earth Fund) gestite da due tra le più aggressive multinazionali estrattiviste, si permetterebbe al capitalismo fossile di continuare a devastare ed inquinare il globo in cambio di progetti “sostenibili” nei paesi del sud del mondo, progetti che fin troppo spesso si sono rivelati semplicemente l’ultima frontiera coloniale della green economy.

In questo modo, si continua a porre la finanza come principale strumento di governo della crisi climatica (e la polizia a tutela del suo meccanismo), riproponendo la grottesca idea della sua bontà intrinseca che secoli di crisi cicliche e ingiustizie hanno semplicemente sbugiardato.

L‘onnipotenza del mercato, la difesa violenta della sua logica, la concentrazione dei capitali sono generatori e garanti delle crisi che stiamo vivendo oggi. Emblematica della ristrettezza di vedute, del classismo e, in ultima analisi, dell’ ipocrisia del sistema Cop, è l’enorme mole di inquinanti emessa dai lussuosi jet privati su cui viaggiano le delegazioni dei vari paesi.
Le Cop rappresentano un tentativo disperato di conservazione da parte di una classe dirigente che costituisce una nuova aristocrazia mondiale. A fronte di questo, abbiamo bisogno di agire e portare avanti un cambiamento radicale. Un cambiamento di questo tipo non può avvenire delegando alle élite il governo della crisi climatica ma, al contrario, delegittimando, sabotando e distruggendo questa élite e i suoi profitti.

L’alternativa radicale, veramente collettiva e dal basso al sistema Cop sta nei corpi di chi si ribella. Non c’è più aria per le chiacchiere!

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Contro 41bis e ogni forma di tortura, a fianco dell3 compagn3 in sciopero della fame

12 novembre, ore 15:00 a piazza Gioacchino Belli a Roma, manifestazione contro il 41bis e l’ergastolo ostativo, a fianco dell3 compagn3 in sciopero della fame nelle carceri.

Dal 20 ottobre un compagno anarchico, Alfredo Cospito, ha iniziato uno sciopero della fame contro il regime di 41bis a cui è sottoposto nel carcere di Sassari. Alfredo, condannato a 20 anni di reclusione a seguito del processo Scripta Manent, reo di aver scritto dei comunicati, viene sottoposto al 41bis per la colpa di aver continuato a mantenere rapporti epistolari dal carcere con il movimento anarchico. Il 20 ottobre, durante l’udienza del processo, collegato da remoto, Alfredo ha tentato di portare avanti, senza riuscirci, le dichiarazioni di apertura dello sciopero della fame, a cui il giudice ha risposto con un semplice gesto della mano: mettendolo in muto.

Qualche giorno più tardi anche Anna, compagna anch’essa condannata nell’ambito dello stesso processo a 17 anni di reclusione, ha iniziato lo sciopero della fame contro 41bis ed ergastolo ostativo. Il 41bis è un regime di detenzione che attua forme sofisticate di tortura: deprivazione sensoriale, isolamento continuo, spegnimento di qualsiasi lucidità mentale attraverso l’interruzione dell’interazione umana ma anche di forme di lettura e scrittura.

In tutto il paese si sono verificate dimostrazioni di solidarietà e striscionate a fianco di Alfredo e Anna, ma anche Juan e Ivan, compagni anarchici anch’essi in sciopero della fame contro il 41bis, mentre anche loro subiscono pene spropositate che dimostrano, ancora una volta, l’accanimento dello stato contro i simboli e l’immaginario di chi fa appello a forme di liberazione radicali e senza compromessi.

In questo momento è in corso la Cop27 in Egitto e le grandi organizzazioni internazionali, giustamente, rivendicano che non ci può essere alcuna forma di ecologia che tolleri regimi che non rispettano i diritti umani, in sostegno agli scioperi della fame e della sete degli attivisti egiziani come Alaa Abd El Fattah. Proprio coerentemente con questa posizione, è necessario esprimersi anche e soprattutto riguardo alle forme di tortura che avvengono tutti i giorni anche sotto il proprio naso.

Esprimiamo solidarietà all3 compagn3 in sciopero della fame: il 41bis e le carceri sono tortura!

Condividiamo la lettera scritta da Anna Beniamino in sciopero della fame in carcere:

Il 20 ottobre Alfredo Cospito, nel carcere di Bancali (SS), ha iniziato uno sciopero della fame ad oltranza contro il regime 41 bis e l’ergastolo ostativo. Il regime 41 bis o.p. gli è stato riservato dal maggio di quest’anno, reo di mantenere, dalle sezioni di Alta Sicurezza dove si trovava da anni rinchiuso, rapporti epistolari ed attività editoriale con il movimento anarchico, attraverso scritti pubblici ed interventi.
L’ergastolo ostativo rischia di essere lo sbocco del rinvio in appello – operato dalla sentenza di cassazione del luglio 2022 del processo Scripta Manent – per il ricalcolo della condanna approdata alla qualifica di 285 c.p., “strage politica”, per un duplice attentato alla scuola allievi carabinieri di Fossano, a firma FAI-RAT. La condanna per 285 c.p. costituisce la chiave di volta di un’architettura accusatoria che ha sancito l’esistenza di un’ “associazione eversiva con finalità di terrorismo” (costituita da soli 3 promotori e con un’esistenza a singhiozzo, per ovviare alle contraddizioni dovute agli esiti di precedenti processi) e l’attività di “istigazione” per blog e giornali anarchici editi dai condannati nel corso degli scorsi 20 anni.
Insomma una sentenza-monstre dove si è capi/factotum di un’ “associazione” dai contorni incerti, nonché istigatori e rei di una “strage” mai avvenuta e soprattutto mai difesa in quanto tale. Ovvero, come è capitato ripetutamente di affermare in tempi non sospetti, la violenza rivoluzionaria è difesa dagli anarchici, e da me tra questi, lo stragismo no.
Ciò che le carte dei tribunali e le direttive dei Servizi e degli apparati di prevenzione chiamano variamente eversione interna o terrorismo e che viene racchiuso in una serie di reati (associazione sovversiva, strage, devastazione e saccheggio…) attinti pari pari dal Codice Rocco ancora in auge, sono in realtà tasselli della tensione rivoluzionaria e della ricerca di libertà e giustizia sociale. Che quest’ultima e la giustizia somministrata dai tribunali siano mondi antitetici non è una novità per chiunque abbia un minimo di conoscenza delle vicende storiche e politiche dei movimenti, delle idee e delle pratiche refrattarie allo status quo: più è grande e complessa l’accusa, più è difficile riportare gli eventi sul piano della realtà. Su questa falsariga ci si ritrova da imputati in processi dalle “verità” farsesche, dove è l’identità politica, non i fatti, a costruire il reato, a seppellirti vivo.
Il 41 bis è la forma più raffinata di annientamento psico-fisico, tra le varie gradazioni offerte dal carcere. Una tortura in guanti bianchi basata sulla deprivazione fisica, sensoriale e intellettiva, sulla rescissione dei vincoli amicali e sentimentali: un’ora di colloquio al mese, con vetro, con i famigliari spesso costretti a viaggi di centinaia di chilometri per effettuarli, con parenti e affetti spesso visti come sodali stessi dell’ “associazione”, con tutto quello che questo comporta in termini di allontanamenti; pesantissime limitazioni di studio e di lettura, che sole potrebbero cautelare l’individuo dallo “spegnimento” cerebrale, con una lucidità già messa alla prova dalla mancanza di confronto e socializzazione minima, in un quasi-isolamento che si prolunga per anni, spesso a vita; quotidiani censurati in toto o parzialmente, 10 canali televisivi e psicofarmaci come possibili “palliativi” a perfezionare il trattamento. D’altra parte tv e psicofarmaci sono le colonne portanti del mantenimento del controllo carcerario nella sua interezza: sezioni comuni sovraffollate, tonnare d’anime dove medicalizzazione e infantilizzazione dell’individuo regnano sovrane.
Al 41 bis, per la sua manifesta durezza, volta a spezzare l’individuo, gli stessi legislatori avevano conferito una durata limitata nel tempo a 4 anni (anche il waterboarding ammette pause… pena l’annegamento del malcapitato!) che poi, con un procedimento burocratico tipico della ferocia democratica a bassa intensità, di proroga in proroga, da emergenziale è diventato ordinario. Santificato dall’incultura forcaiola e manettara, il “carcere duro” è il feticcio/spauracchio di una società che si vorrebbe, secondo la vulgata mediatica, sempre più spaventata dalle “emergenze” e bisognosa di “sicurezza”, da placare con un progressivo e plateale inasprimento delle pene e ingigantimento della narrazione della portata dei reati. Il feticcio della “sicurezza” è usato per distogliere l’attenzione di una società al collasso politico, economico, sociale.
Ho condiviso anni di vita, idee, discussioni, rabbia, risate e amore per la libertà con un compagno anarchico, con gli anarchici… non saranno i regimi differenziati di una galera o le infamie di un processo certo capaci di offuscarli.
Per questi motivi, perché solidarietà e giustizia sono un cadavere in bocca ai legislatori, un fiore tra i denti di individui liberi. Perché per chi ama la vita, reagire quando viene trasformata in sopravvivenza è un atto dovuto, da lunedì 7 novembre inizio uno sciopero della fame.
Contro il 41 bis.
In solidarietà ad Alfredo in sciopero della fame dal 20 ottobre, a Juan dal carcere di Terni dal 25 ottobre e ad Ivan dal carcere di Villepinte in Francia dal 27 ottobre, che hanno intrapreso uno sciopero per gli stessi motivi.
Con amore e rispetto per tutte le compagne ed i compagni che hanno lottato, lottano e lotteranno per gli utopici sentieri della libertà e della negazione dell’autorità, senza vendere i loro sogni al miglior offerente.
Anna Beniamino

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Mobilitazioni vincenti: No Bassines a Sainte-Soline

A seguito delle mobilitazioni degli scorsi giorni contro i grandi bacini di stoccaggio idrico in Francia, che hanno visto una occupazione di massa del cantiere del bacino di Sainte-Soline da parte di più di 7mila persone, abbiamo tradotto e riassunto alcuni contributi pubblicati da Les soulèvements de la terre, per facilitare la circolazione di informazioni e il sostegno al movimento No Bassines. Buona lettura!

Con l’accelerazione del degrado delle condizioni di vita sulla Terra, un numero sempre maggiore di noi sente il peso della confusione, della rabbia e della mancanza di orizzonti. Cosa possiamo aspettarci dall’ennesimo catalogo di promesse elettorali del COP o della primavera? Solo un cambiamento radicale – una rivolta – potrebbe fermare il riscaldamento globale e la sesta estinzione di massa delle specie già in corso. In sostanza, sappiamo che oggi non c’è altro modo che mettere in campo tutte le nostre forze per fermare il disastro in corso e abbattere il sistema economico divoratore che lo sta generando.

In 18 mesi e di fronte all’assoluta urgenza che lo stato del mondo testimonia, abbiamo – a centinaia o migliaia – occupato e coltivato terre minacciate, bloccato e disarmato industrie del cemento o biotecnologiche, assaltato e smantellato mega-dighe, ostacolato cantieri e partecipato a respingere piani molto concreti di sviluppo del mercato. Siamo a un primo stadio della costruzione di un fronte di resistenza al disastro e della ripresa dei nostri mezzi di sussistenza.

A Sainte-Soline, nel Marais Poitevin, più di 8.000 oppositori delle mega-piscine si sono riuniti prima di riuscire a entrare nel cantiere del laghetti più grande del mondo, nonostante i pesanti divieti e una presenza di polizia senza precedenti. Il giorno successivo hanno scollegato una delle reti di riempimento del bacino e hanno costruito una torre di guardia prima di ulteriori azioni.

Su appello di 150 associazioni e collettivi (Bassines Non Merci, Soulèvements de la Terre, la Confédération Paysanne, la CGT, ATTAC, SUD Solidaires…), più di 8000 persone si sono riunite questo fine settimana per fermare la costruzione delle mega-bacine di Sainte-Soline, iniziata all’inizio di ottobre. Giovedì 200 personalità hanno denunciato in una tribuna il divieto di manifestare e hanno dato il loro sostegno al campo anti-bacino. Gli anti-piscine si erano accampati all’inizio della settimana nel cuore della zona vietata, in un campo prestato da un ex agricoltore irriguo che ora critica il modello delle piscine.

Agricoltori, residenti, naturalisti, funzionari eletti e attivisti per il clima hanno poi marciato insieme verso il cantiere, nonostante una presenza di polizia senza precedenti: 1.700 agenti di polizia e 6 elicotteri sono stati mobilitati per ostacolare i manifestanti, mentre da lunedì sono state emesse ordinanze di divieto di manifestazione e di circolazione per dissuadere i partecipanti.

Nonostante gli scontri e i feriti, le forze dell’ordine non hanno avuto successo: divisi in 3 cortei, bianco, rosso e verde, l3 oppositor3 sono riuscit3, nei rispettivi percorsi, a scavalcare e superare in successione le numerose linee di polizia e i blocchi stradali. La squadra rossa, vittoriosa, è riuscita a entrare nel cantiere e a piantare la sua bandiera rimuovendo i cancelli e usandoli come barricate per avanzare. Questa mobilitazione è la quarta di una serie di manifestazioni e azioni dell’ultimo anno che presuppongono collettivamente atti di disobbedienza e disarmo delle infrastrutture ecocide.

I macchinari da costruzione sono stati rimossi preventivamente venerdì e il movimento continuerà a mobilitarsi per bloccare la costruzione.

Il progetto Sainte-Soline, che rappresenta 16 ettari di terreno artificiale e 720.000 m3 di acqua privatizzata, è purtroppo solo l’inizio. Entro il 2025 potrebbero essere costruite quasi 1.000 mega-piscine se l’agroindustria continuerà a portare avanti i suoi progetti e le autorità pubbliche continueranno a sostenerli e a finanziarli fino all’80%. E questo dopo un’estate torrida che ha lasciato le falde e i fiumi in uno stato di siccità senza precedenti. L’azione di sabato è stata quindi un’emergenza per fermare questo sito di test prima che ne venissero dispiegati altri. È stato un momento cruciale nell’ascesa del movimento anti-bacino e della sua visibilità.

Domenica, un altro punto chiave di questa infrastruttura è stato preso di mira dalle migliaia di oppositori ancora presenti sul posto: le sue tubature. Il bacino di Sainte-Soline ha 6 tentacoli che pompano nella falda freatica per riempire i suoi 720 000 m³ di acqua.

Il dispositivo della prefettura è stato nuovamente sventato da questa azione e gli attivisti sono riusciti a scavare e smantellare una rete di tubi. La rete smantellata oggi pompa nella falda acquifera a livello del Bignon, un fiume che è in secca come molti altri a causa del livello di siccità e della crisi climatica. Alcune di queste condutture rischiano di occupare le reti esistenti e restano 18 km da costruire, se i lavori proseguiranno nonostante tutto.

Inoltre, sul campo è stata costruita una vedetta. Servirà come torre di osservazione per gli uccelli e per i progressi del cantiere del bacino di Sainte-Soline, situato a 2 km di distanza. Questo campo, dove il proprietario invita gli oppositori a rimanere fino al 19 maggio (quando tornerà l’otarda), potrebbe essere utilizzato nelle prossime settimane come base per un’ulteriore mobilitazione.

I media stanno cercando di creare una divisione tra i cosiddetti oppositori ambientalisti urbani e i contadini, suggerendo che non ci sono contadini nel collettivo, ma solo radicali di ultra-sinistra, ecologisti e black block. Ma questo è completamente falso, c’è certamente un’opposizione, ma è l’opposizione tra i sostenitori dell’agricoltura intensiva, dell’agroindustria e della FNSEA (il più grande sindacato agricolo francese) contro i sostenitori di un’agricoltura contadina rispettosa dell’ambiente.

Immagini: https://lessoulevementsdelaterre.org/blog/la-bataille-de-sainte-soline-en-photo