Categories
General

Verso il primo maggio

Crisi energetica, la Russia invade l’Ucraina, i governi europei e le organizzazioni internazionali mostrano la loro inefficienza: due mesi di escalation nei toni diplomatici e soprattutto della violenza sul campo, e i morti. Le cause geopolitiche di questa escalation di scala globale sono complesse e le potenze occidentali ne sono corresponsabili. Se da una parte la politica di Putin degli ultimi decenni non è certo stata attenta al rispetto dell’ambiente, né dei più basilari diritti umani, d’altra parte le politiche espansionistiche della NATO e il modello di sviluppo capitalista è ciò che provoca quegli squilibri che hanno portato al conflitto: l’Ucraina fa gola per le risorse energetiche necessarie all’Occidente affinché noi, cittadini di prima classe, possiamo mantenere gli attuali livelli di vita e di “progresso”.
Il primo maggio 2022 affermiamo con forza la necessità della convergenza tra movimento də lavoratorə e movimento ecologista e ci impegnamo a sostenerla. In Italia come nel resto del mondo a pagare il costo del conflitto per le risorse non sono le persone più abbienti, ma quelle che a fatica riescono a vivere del loro lavoro e che sono già afflitte dal carovita: l’aumento dei prezzi dei beni primari, delle bollette, dei servizi, dei carburanti. Questo conflitto prevedibile e atteso aggrava il contesto del lavoro italiano già avvelenato dal precariato, dalla disoccupazione, dai salari ridicoli, dai processi di delocalizzazione, dal mancato riconoscimento del lavoro di cura, dall’infame litanìa televisiva in cui si agita lo spauracchio della scelta tra il lavoro e la salute, dall’erosione di ogni forma di tutela sociale. Aumenta il ricatto occupazionale, peggiorano le condizioni di lavoro, lavoratrici e lavoratori sono  espostə a continui piani di licenziamento. In Europa già si vedono gli effetti  dell’inflazione che porta milioni di persone sull’orlo di un’ulteriore crisi e alla preoccupazione concreta di non arrivare alla fine del mese.
Questa guerra guerreggiata sta rivelando la vera faccia della “transizione ecologica”: il ministro Cingolani corre ai ripari riportando nel mix di energia il carbone e mettendo in stand-by i progetti di riconversione energetica verso le rinnovabili. Un esempio tra tanti il rapido ripristino delle centrali a carbone di Civitavecchia, dove un intero territorio già devastato dai decenni precedenti si ritrova di nuovo esposto a alti livelli di nocività ambientale e per la salute umana. Cingolani di fronte al rischio concreto di perdere le forniture di gas russo, non ha esitato a stringere nuovi accordi con Congo ed Algeria. Non ci stupisce constatare che le promesse di degassificazione erano parole al vento e che l’interesse coloniale del nostro paese non sia mai morto.
Per il primo maggio 2022 riteniamo cruciale una convergenza tra movimento də lavoratorə e movimenti ecologisti basata sul riconoscimento del valore rivoluzionario del lavoro riproduttivo e di cura alla pari di quello produttivo. Una convergenza che vede come unica possibile transizione ecologica quella agita dal basso e dalle persone, non quella imposta dal governo e dalle lobby finanziarie che speculano sul capitale e sul profitto. Non pagheremo il costo di questa guerra, né dei prossimi conflitti energetici. Piuttosto imposteremo le nostre lotte sull’autosostentamento, sull’autodeterminazione e sull’indipendenza dai combustibili fossili, esigendo che siano praticate tutte le alternative disponibili che sostengano le categorie più vulnerabili invece di costringerle a pagare le pesanti conseguenze di scelte irresponsabili.
Categories
General

Rifiuti, Problema Capitale!

Cambiano le amministrazioni comunali, ma il problema dei rifiuti continua ad essere gestito in modo inaccettabile in questa città.
La raccolta differenziata è limitata, e non incentivata poiché si continua a concepire il rifiuto come fonte energetica e di profitto. Si facilitano gli interessi di gruppi di potere economico e finanziario e ci si allontana dalla riduzione della produzione di rifiuti.
Qualunque progetto che permetta di risolvere la drammatica e ciclica crisi della Capitale sui rifiuti non può che basarsi su una serie di punti:
1) L’estensione del porta a porta, unico strumento per aumentare quantità e qualità della raccolta differenziata.
2) Il decentramento della gestione dei rifiuti nei municipi, con la realizzazione di impianti di dimensioni medio/piccole (esempio: biocelle), e piccolissimi da dislocare nei quartieri, per “avvicinare” la popolazione e massimizzare il recupero dell’organico.
3) Il raggiungimento entro il 2023 (o prima) dell’obiettivo di raccolta differenziata del 100% della frazione umida, condizione indispensabile per il recupero di materia a valle della raccolta e per diminuire il ricorso all’incenerimento e alla discarica.
4) L’abbandono di tecnologie come l’incenerimento o la pirolisi per la produzione di energia dai rifiuti e del trattamento anaerobico per la produzione di gas combustibile (biogas), a favore del trattamento del materiale umido differenziato attraverso impianti di compostaggio aerobico.
5) Abbandono del “modello TMB” (Trattamento Meccanico Biologico), poiché sono impianti progettati e ottimizzati per produrre materiale da conferire in discarica o da bruciare in inceneritori o altri processi industriali (cementifici). Servono invece impianti moderni ottimizzati per il recupero di materia.
Alla luce di tutto questo convochiamo per sabato 9 aprile alle 10.00 una manifestazione davanti al TMB di Rocca Cencia, un impianto che è la rappresentazione concreta di quello che non vogliamo, per protestare contro la scelta del sindaco Gualtieri di allargare l’impianto e usare i fondi del PNRR per costruirne uno per il trattamento della plastica e carta.
Crediamo sia necessario costruire una rete larga e capace di far fronte alle sfide della crisi ecologica in corso e di esercitare pressione verso le istituzioni per un drastico cambio di rotta.
Per costruirla insieme contatta @ReteEcoSistemica su Facebook: https://www.facebook.com/ReteEcoSistemica
Categories
General

AL TAVOLO DOPO LO SGOMBERO DELLA L.E.A. BERTA CÁCERES LA REGIONE SI SCHIERA DALLA PARTE DEL PROFITTO

Giovedì 24 marzo, dopo 18 giorni di attività, è stato sgomberato lo stabile in via della Caffarella 13, occupato dalla Laboratoria Ecologista Autogestita Berta Cáceres.
Solo la mattina prima era stato convocato dalla Regione Lazio il tavolo richiesto fin dall’inizio dal collettivo di occupanti, proprio per discutere del futuro di quello spazio abbandonato e del progetto che nel frattempo vi aveva preso vita.
La politica si è fatta di buon grado scavalcare dalla forza poliziesca, o, peggio, ne è stata complice. Queste le richieste sul tavolo da parte dellə attivistə:
1. L’immediato dissequestro dell’immobile in Via della Caffarella 13.
2. L’avvio del percorso burocratico che possa fermare la messa all’asta dell’immobile e il suo ritorno tra il patrimonio inalienabile della Regione.
3. Il riconoscimento del valore politico, sociale ed ecologico della L.E.A. Berta Cáceres.
Come dimostrato dal testo della denuncia consegnata allə occupantə il giorno dello sgombero, è proprio la Regione Lazio a figurare come proprietaria dell’immobile.
Nella stessa denuncia viene definito come “bene immobile pubblico”, mentre l’annuncio della sua vendita come villino di pregio può essere trovato sul sito immobiliare.it, come una qualsiasi proprietà privata.
La Regione non ha smentito in alcun modo il suo ruolo diretto nello sgombero e si è detta indisponibile a rivedere la procedura di messa all’asta del bene e a chiarire, nonostante le ripetute sollecitazioni, il contratto che regola i rapporti tra Regione Lazio, il Fondo i3 Regione Lazio e INVIMIT che ne è il gestore.
Sebbene al tavolo fossero presenti assessorə all’ambiente e al patrimonio e Capo di Gabinetto di Comune e Regione, il direttore regionale bilancio demanio e patrimonio, e l’assessore alla scuola del Municipio VIII, nessunə ha voluto rispondere in merito alla non meglio chiarita commistione tra pubblico e privato e alle scelte politiche che da essa derivano.
Quest’ultima permette che stabili come quello di Via della Caffarella 13 siano svenduti alla speculazione e al profitto del mattone, beni che invece sono patrimonio pubblico e quindi un bene comune.
Questo sgombero è solo un esempio di come la transizione ecologica di cui sono piene le campagne elettorali di queste istituzioni sia perfettamente compatibile con il principio del profitto privato, che regola i sistemi di accumulazione insostenibili alla base dello stesso disastro ecologico.
Smascherare questa mistificazione e indicare i responsabili, nei fatti, di tale inaccettabile politica di transizione, continuerà a essere uno dei nostri obiettivi.