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Primo maggio 2022 – Hanno provato a seppellirci, ma non sapevano che eravamo semi

 

Il nostro intervento integrale dal palco del Forte Prenestino il primo maggio:

 

Ciao a tuttu dalla Laboratoria Ecologista Autogestita Berta Cáceres. Una laboratoria nata il 6 marzo di quest’anno alla Caffarella per convogliare verso di sé le lotte ecologiste e transfemministe, della città e transnazionali.

Ci siamo ispirat a Berta Cáceres, un’attivista honduregna per i diritti dei popoli indigeni. Una donna, femminista, una donna del popolo Lenca che combatteva contro una grande opera che avrebbe distrutto il territorio sacro per i Lenca.

È stata uccisa nel 2016 dai sicari mandati dall’azienda che voleva costruire l’opera e dallo stesso governo honduregno, perché provava a opporsi alla logica estrattivista del capitalismo per la quale l’ambiente e le persone solo risorse da consumare. La stessa logica che causa guerre, sfruttamento e devastazione di territori e corpi. Berta non è morta, si è moltiplicata.

Si è moltiplicata in tante forme, anche nell’azione di un collettivo che dall’altra parte del mondo si oppone alle stesse logiche del capitalismo, insostenibili, a cui si opponeva lei.

Il collettivo ha liberato uno spazio pubblico con l’intenzione di evitarne la vendita all’asta e la messa a profitto. Lo spazio è stato aperto alla collettività, dopo essere stato chiuso per più di 10 anni. Uno spazio in un parco, il parco della Caffarella, strappato anch’esso con fatica alla speculazione edilizia, anche grazie alla determinazione delle comunità che attorno a quel parco vivevano e vivono e che continuano a prendersene cura.

Abbiamo abitato quel posto per praticare quotidianamente una socialità diversa, la sovversione dei generi e dei consumi, uno stare insieme basato sul benessere di tante persone e non sul profitto di poche.

Per 20 giorni siamo stat attraversat da centinaia di persone, che hanno immaginato cosa poteva diventare la laboratoria, partecipando ad assemblee, autoformazioni, presentazioni, cineforum, incontri di convergenza con molte realtà che portano avanti lotte affini. Come quelle per il diritto all’abitare, i gruppi ambientalisti, i comitati territoriali del Lazio e di fuori regione che combattono contro l’inquinamento, per la salute delle persone e del territorio, chi porta avanti le battaglie per la riduzione dei rifiuti, per una mobilità sostenibile, collettivi transfemministi e antispecisti. E le tante realtà degli spazi liberati di Roma e non solo.

Nonostante questo, uno sgombero portato avanti con tempistiche e modalità infami, è arrivato il 24 marzo. Proprio il giorno dopo la notizia che Andrea Dorno, compagno di molt di noi, ci aveva lasciat.

Ma abbiamo subito rilanciato la nostra mobilitazione, con il corteo ecologista per il Global Strike il giorno dopo. E il giorno dopo ancora abbiamo marciato al fianco di lavorator GKN a Firenze.

Per dire, insieme a loro, che la salute, l’ambiente e il lavoro non sono alternative l’una all’altra.

E per dire che rifiutiamo il ricatto neoliberista che obbliga alla scelta tra un posto di lavoro e la sopravvivenza economica da una parte, e dall’altra la tutela della salute di corpi e territori.

Vogliamo uscire dall’unica via del lavoro al servizio del capitale.

La convergenza delle lotte ecologiste e per il lavoro, denuncia l’infondatezza di questo assioma. Siano esse in fabbrica, ufficio, strada, casa, smart working, università, città, campagna, in disoccupazione o non lavoro (volontario e non).

Se lo scopo è la cura e la rigenerazione, lavoro può voler dire risanamento ambientale, bonifica, sostegno di persone, animali e territori (sanità, supporto psicologico, mediazione, re-integrazione, assistenza sociale, accudimento di persone e animali, cura di aree protette, manutenzione, riparazione…)

Vogliamo vedere un futuro in cui, non una transizione, ma una rivoluzione ecologica, fatta di scelte condivise dal basso, reimpieghi lavorator in nuove mansioni. Ma pretendiamo che questo passaggio ci veda protagonist, perché le conseguenze delle decisioni ricadono su tutt noi.

Come ricadono su di noi le scelte scellerate legate alla guerra in Ucraina. Oltre al rincaro dei prezzi, che ancora una volta mette in difficolltà chi è già in difficoltà, si vede un ritorno a fonti inquinanti, come il carbone. Come unica soluzione all’incapacità di approvvigionamento di risorse energetiche da regimi che non siano totalitari. La soluzione, per il governo, e per il ministro Cingolani, è prendere il gas in Congo e Algeria, ripetendo sempre gli stessi errori. Per non parlare degli affari di Eni in Egitto, il cui prezzo da pagare è il silenzio su casi come quello di Giulio Regeni, di Patrik Zaki, ma anche di Rasha Azab.

Non vogliamo che tempi e modi della riconversione ecologica siano imposti da chi finora ha lucrato provocando i danni che adesso fa solo finta di voler risolvere. Con definizioni fuorvianti, come su gas e nucleare, diventate improvvisamente fonti sostenibili. Con false prospettive di miglioramento dei servizi che nascondono solo altre privatizzazioni a unico beneficio del profitto privato.

Inclusa in questo quadro è la sanità. Negli ultimi anni più che mai abbiamo visto come la salute sia una questione di classe. Il prezzo più alto della pandemia è stato pagato da soggettività femminilizzate, subalterne, già emarginate e in difficoltà. Sappiamo quanto l’elemento ecosistemico sia stato determinante nella nascita e nella diffusione del virus.

Alla sindemia, ormai dato endemico, si risponde a suon di stati di emergenza, buoni da usare in ogni occasione. Per motivi sanitari, per la guerra e addirittura per la gestione del ciclo dei rifiuti.

La crescita infinita e indiscriminata della nostra società non è né possibile, né auspicabile. Rifiutiamo di essere consumator inconsapevoli al servizio del sistema capitalistico che produce solo soldi, merci, frustrazione e rifiuti. Riconosciamo i falsi bisogni indotti da un ingranaggio che genera insoddisfazione per ottenere guadagno.

Rifiutiamo il soddisfacimento cieco di bisogni materiali quando questo avviene sulle spalle di altre soggettività, sfruttando la forza lavoro secondo logiche disumane, e dell’ambiente, secondo un modello estrattivista che distrugge popolazioni e territori. Un modello che guadagna dallo sfruttamento disumano del lavoro migrante, di soggettività razzializzate o in posizione di subalternità e necessità.

Boicottiamo prodotti e sistemi che riteniamo dannosi e rivendichiamo il potere di un uso e consumo essenziale e consapevole, che scelga di sostenere modalità produttive e riproduttive veramente sostenibili. Sapendo che l’orizzonte non è individuale, ma è all’interno di un ecosistema complesso, ed è alla luce di questo che vanno re-inventate le risposte.

Un lavoro non precario e con ritmi più umani equivale a tempo per soddisfare i bisogni, personali e collettivi, oltre il mero sostentamento economico. Vediamo la possibilità di un mondo in cui ognun abbia il necessario, possa esprimere la propria individualità e condividerla con altr. un reddito garantito per tutt può essere un modo per venire incontro a questi bisogni.

E ribadiamo anche il nostro diritto a non lavorare. A non vivere per lavorare. A non lavorare per vivere, o per sopravvivere.

 

Buona festa del non lavoro

Buoni 36 anni di occupazione

Per ogni sgombero, 10 100 1000 occupazioni!

Berta dall’Honduras, ce l’ha insegnato. Difendere la terra non è reato!

 

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Verso il primo maggio

Crisi energetica, la Russia invade l’Ucraina, i governi europei e le organizzazioni internazionali mostrano la loro inefficienza: due mesi di escalation nei toni diplomatici e soprattutto della violenza sul campo, e i morti. Le cause geopolitiche di questa escalation di scala globale sono complesse e le potenze occidentali ne sono corresponsabili. Se da una parte la politica di Putin degli ultimi decenni non è certo stata attenta al rispetto dell’ambiente, né dei più basilari diritti umani, d’altra parte le politiche espansionistiche della NATO e il modello di sviluppo capitalista è ciò che provoca quegli squilibri che hanno portato al conflitto: l’Ucraina fa gola per le risorse energetiche necessarie all’Occidente affinché noi, cittadini di prima classe, possiamo mantenere gli attuali livelli di vita e di “progresso”.
Il primo maggio 2022 affermiamo con forza la necessità della convergenza tra movimento də lavoratorə e movimento ecologista e ci impegnamo a sostenerla. In Italia come nel resto del mondo a pagare il costo del conflitto per le risorse non sono le persone più abbienti, ma quelle che a fatica riescono a vivere del loro lavoro e che sono già afflitte dal carovita: l’aumento dei prezzi dei beni primari, delle bollette, dei servizi, dei carburanti. Questo conflitto prevedibile e atteso aggrava il contesto del lavoro italiano già avvelenato dal precariato, dalla disoccupazione, dai salari ridicoli, dai processi di delocalizzazione, dal mancato riconoscimento del lavoro di cura, dall’infame litanìa televisiva in cui si agita lo spauracchio della scelta tra il lavoro e la salute, dall’erosione di ogni forma di tutela sociale. Aumenta il ricatto occupazionale, peggiorano le condizioni di lavoro, lavoratrici e lavoratori sono  espostə a continui piani di licenziamento. In Europa già si vedono gli effetti  dell’inflazione che porta milioni di persone sull’orlo di un’ulteriore crisi e alla preoccupazione concreta di non arrivare alla fine del mese.
Questa guerra guerreggiata sta rivelando la vera faccia della “transizione ecologica”: il ministro Cingolani corre ai ripari riportando nel mix di energia il carbone e mettendo in stand-by i progetti di riconversione energetica verso le rinnovabili. Un esempio tra tanti il rapido ripristino delle centrali a carbone di Civitavecchia, dove un intero territorio già devastato dai decenni precedenti si ritrova di nuovo esposto a alti livelli di nocività ambientale e per la salute umana. Cingolani di fronte al rischio concreto di perdere le forniture di gas russo, non ha esitato a stringere nuovi accordi con Congo ed Algeria. Non ci stupisce constatare che le promesse di degassificazione erano parole al vento e che l’interesse coloniale del nostro paese non sia mai morto.
Per il primo maggio 2022 riteniamo cruciale una convergenza tra movimento də lavoratorə e movimenti ecologisti basata sul riconoscimento del valore rivoluzionario del lavoro riproduttivo e di cura alla pari di quello produttivo. Una convergenza che vede come unica possibile transizione ecologica quella agita dal basso e dalle persone, non quella imposta dal governo e dalle lobby finanziarie che speculano sul capitale e sul profitto. Non pagheremo il costo di questa guerra, né dei prossimi conflitti energetici. Piuttosto imposteremo le nostre lotte sull’autosostentamento, sull’autodeterminazione e sull’indipendenza dai combustibili fossili, esigendo che siano praticate tutte le alternative disponibili che sostengano le categorie più vulnerabili invece di costringerle a pagare le pesanti conseguenze di scelte irresponsabili.
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Rifiuti, Problema Capitale!

Cambiano le amministrazioni comunali, ma il problema dei rifiuti continua ad essere gestito in modo inaccettabile in questa città.
La raccolta differenziata è limitata, e non incentivata poiché si continua a concepire il rifiuto come fonte energetica e di profitto. Si facilitano gli interessi di gruppi di potere economico e finanziario e ci si allontana dalla riduzione della produzione di rifiuti.
Qualunque progetto che permetta di risolvere la drammatica e ciclica crisi della Capitale sui rifiuti non può che basarsi su una serie di punti:
1) L’estensione del porta a porta, unico strumento per aumentare quantità e qualità della raccolta differenziata.
2) Il decentramento della gestione dei rifiuti nei municipi, con la realizzazione di impianti di dimensioni medio/piccole (esempio: biocelle), e piccolissimi da dislocare nei quartieri, per “avvicinare” la popolazione e massimizzare il recupero dell’organico.
3) Il raggiungimento entro il 2023 (o prima) dell’obiettivo di raccolta differenziata del 100% della frazione umida, condizione indispensabile per il recupero di materia a valle della raccolta e per diminuire il ricorso all’incenerimento e alla discarica.
4) L’abbandono di tecnologie come l’incenerimento o la pirolisi per la produzione di energia dai rifiuti e del trattamento anaerobico per la produzione di gas combustibile (biogas), a favore del trattamento del materiale umido differenziato attraverso impianti di compostaggio aerobico.
5) Abbandono del “modello TMB” (Trattamento Meccanico Biologico), poiché sono impianti progettati e ottimizzati per produrre materiale da conferire in discarica o da bruciare in inceneritori o altri processi industriali (cementifici). Servono invece impianti moderni ottimizzati per il recupero di materia.
Alla luce di tutto questo convochiamo per sabato 9 aprile alle 10.00 una manifestazione davanti al TMB di Rocca Cencia, un impianto che è la rappresentazione concreta di quello che non vogliamo, per protestare contro la scelta del sindaco Gualtieri di allargare l’impianto e usare i fondi del PNRR per costruirne uno per il trattamento della plastica e carta.
Crediamo sia necessario costruire una rete larga e capace di far fronte alle sfide della crisi ecologica in corso e di esercitare pressione verso le istituzioni per un drastico cambio di rotta.
Per costruirla insieme contatta @ReteEcoSistemica su Facebook: https://www.facebook.com/ReteEcoSistemica
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AL TAVOLO DOPO LO SGOMBERO DELLA L.E.A. BERTA CÁCERES LA REGIONE SI SCHIERA DALLA PARTE DEL PROFITTO

Giovedì 24 marzo, dopo 18 giorni di attività, è stato sgomberato lo stabile in via della Caffarella 13, occupato dalla Laboratoria Ecologista Autogestita Berta Cáceres.
Solo la mattina prima era stato convocato dalla Regione Lazio il tavolo richiesto fin dall’inizio dal collettivo di occupanti, proprio per discutere del futuro di quello spazio abbandonato e del progetto che nel frattempo vi aveva preso vita.
La politica si è fatta di buon grado scavalcare dalla forza poliziesca, o, peggio, ne è stata complice. Queste le richieste sul tavolo da parte dellə attivistə:
1. L’immediato dissequestro dell’immobile in Via della Caffarella 13.
2. L’avvio del percorso burocratico che possa fermare la messa all’asta dell’immobile e il suo ritorno tra il patrimonio inalienabile della Regione.
3. Il riconoscimento del valore politico, sociale ed ecologico della L.E.A. Berta Cáceres.
Come dimostrato dal testo della denuncia consegnata allə occupantə il giorno dello sgombero, è proprio la Regione Lazio a figurare come proprietaria dell’immobile.
Nella stessa denuncia viene definito come “bene immobile pubblico”, mentre l’annuncio della sua vendita come villino di pregio può essere trovato sul sito immobiliare.it, come una qualsiasi proprietà privata.
La Regione non ha smentito in alcun modo il suo ruolo diretto nello sgombero e si è detta indisponibile a rivedere la procedura di messa all’asta del bene e a chiarire, nonostante le ripetute sollecitazioni, il contratto che regola i rapporti tra Regione Lazio, il Fondo i3 Regione Lazio e INVIMIT che ne è il gestore.
Sebbene al tavolo fossero presenti assessorə all’ambiente e al patrimonio e Capo di Gabinetto di Comune e Regione, il direttore regionale bilancio demanio e patrimonio, e l’assessore alla scuola del Municipio VIII, nessunə ha voluto rispondere in merito alla non meglio chiarita commistione tra pubblico e privato e alle scelte politiche che da essa derivano.
Quest’ultima permette che stabili come quello di Via della Caffarella 13 siano svenduti alla speculazione e al profitto del mattone, beni che invece sono patrimonio pubblico e quindi un bene comune.
Questo sgombero è solo un esempio di come la transizione ecologica di cui sono piene le campagne elettorali di queste istituzioni sia perfettamente compatibile con il principio del profitto privato, che regola i sistemi di accumulazione insostenibili alla base dello stesso disastro ecologico.
Smascherare questa mistificazione e indicare i responsabili, nei fatti, di tale inaccettabile politica di transizione, continuerà a essere uno dei nostri obiettivi.
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Presidio alla Regione Lazio – Giovedì 31 marzo 2022 ore 11 – La Rivoluzione Ecologista non si sgombera!

La Laboratoria ecologista autogestita Berta Cáceres è un progetto che non si ferma davanti ad uno sgombero.

I temi e le lotte che si sono intrecciati per 17 giorni nello spazio liberato in Caffarella sono più urgenti che mai e hanno continuato a vivere nelle mobilitazioni e nelle iniziative che hanno scandito ogni giornata da quello sgombero.

È questa la ricchezza che porteremo al tavolo convocato il 31 marzo dalla Regione Lazio, dentro il palazzo, ma soprattutto fuori, dove intendiamo costruire un presidio colorato, rumoroso e pieno di contenuti.

Per questo invitiamo ad una partecipazione che non sia solo di solidarietà, ma di intreccio e di rilancio tra le vertenze ambientali della regione, gli spazi sociali, i comitati territoriali, le persone che a centinaia hanno attraversato la L.E.A. Berta Cáceres, o avrebbero voluto farlo, e non ne hanno avuto il tempo.

Sì, perchè lo sgombero c’è stato e proprio poche ore dopo la convocazione ufficiale del tavolo. Ed è con questa consapovolezza e con la giusta rabbia che incontreremo le istituzioni giovedì, complici del nulla che avanza in quello spazio, e in tanti altri della nostra città.

Invitiamo tuttə a farlo con noi, alle ore 11.00, sotto la sede della Giunta Regionale del Lazio in via Rosa Raimondi Garibaldi.

Berta vive!

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Berta vive, la rivoluzione ecologista non si sgombera!

Il 24 marzo, con una grossa operazione militare, si è cercato di cancellare l’esperienza della Laboratoria Ecologista Autogestita Berta Cáceres. Hanno sgomberato uno spazio che, dopo 10 anni di abbandono da parte della Regione Lazio, è tornato a vivere grazie all occupant e alle centinaia di persone che lo hanno animato in più di due settimane di intense attività.
Berta, però, non ha intenzione di fermarsi: nel mezzo di una guerra e di una gravissima crisi climatica e sociale, le idee e le lotte alla base di questo progetto sono più che mai urgenti e necessarie.
Per questo saremo in piazza il 25 marzo per il global strike e sabato 26 a Firenze con GKN, con uno spezzone ricco di energia e di contenuti, come condiviso nell’ultima partecipata assemblea svolta presso la L.E.A. Berta Cáceres, poche ore prima dello sgombero.
Continueremo a incalzare la Regione Lazio e tutte le istituzioni, complici di quanto accaduto questa mattina in via della Caffarella e di aver spianato la strada alla speculazione privata in un Parco Regionale.
Proprio da qui la Laboratoria intende continuare: invitiamo tutt a partecipare ad un pic-nic sociale venerdì 25 marzo, in cui elaborare insieme i prossimi passi. Ci vediamo quindi dopo il corteo di Fridays for Future, dalle ore 13.00 all’ingresso del Parco della Caffarella di Largo Tacchi Venturi (Metro Colli Albani).
Berta vive, la rivoluzione ecologista non si sgombera!
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22 marzo 2022 – Giornata mondiale dell’acqua: i profitti privati ci lasciano a secco!

 

 

Per la giornata mondiale dell’acqua, come attivist@ ecologist@ e per la giustizia sociale, vogliamo dare la nostra lettura di una giornata che ci parla di lotte, di scelte politiche sbagliate, e ancora di lotte.

L’acqua è una risorsa sempre più scarsa, a causa dei cambiamenti climatici e di un consumo umano in continua crescita. Ma a poco serve invocare la siccità e la scarsità idrica come eventi avulsi dalle scelte gestionali e politiche, come puntualmente fanno governi e gestori durante questa ricorrenza.

Le responsabilità sono chiare:

La mancanza di volontà e capacità nell’attuare politiche efficaci di contrasto ai cambiamenti climatici.

L’ottusità di voler lasciare un bene comune come l’acqua nelle mani dei gestori privati, nonostante un referendum plebiscitario.

La sfacciataggine di quotare l’acqua in borsa, come una qualsiasi merce, scommettendo proprio sulla siccità e sulla sete dei territori più esposti a questo fenomeno.

L’azzardo, da parte del Governo Draghi, di spingere ulteriormente alla privatizzazione attraverso il DDL Concorrenza, sperando di cancellare una vittoria culturale e politica che in Italia ha segnato uno spartiacque, che all’Ex Presidente della BCE non è mai andata giù.

La tragica guerra in corso in Ucraina ci ricorda, ancora una volta, come il mercato sia il terreno perfetto per speculare sui beni primari, proprio quando questi scarseggiano. Per questo l’acqua deve uscire definitivamente da logiche di mercato, a partire dalla nostra città, in cui Acea fa profitti milionari, mettendo a rischio interi ecosistemi perché gli azionisti preferiscono investimenti come il potabilizzatore del Tevere invece che la riparazione delle perdite idriche e la conservazione della risorsa per le generazioni future.

Il deserto ricostruito domenica davanti al Ministero della “transizione” ecologica rappresenta un futuro che siamo determinat@ a scongiurare: non vogliamo che i profitti privati ci lascino a secco!

Per far sì che la giornata mondiale dell’acqua non sia una ricorrenza vuota, in questa settimana, più che mai, mobilitiamoci contro vecchie e nuove privatizzazioni, per dire NO al DDL Concorrenza!

E poiché le lotte per l’acqua bene comune continuano in tutto il mondo e la nostra lotta è sorella di altre lotte a difesa dei territori, ne racconteremo alcune presso la Laboratoria Berta Cáceres domenica 27 marzo alle 15.

#AcquaPubblica #NoDDLConcorrenza #AcquaBeneComune

 

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La prima settimana della Laboratoria Ecologista Autogestita Berta Cáceres

La Laboratoria Ecologista Autogestita Berta Cáceres sta per compiere la sua prima settimana di vita. Una settimana intensa, durante la quale il nuovo spazio liberato è stato pulito, abbellito, attraversato da centinaia di persone che hanno preso parte a decine di iniziative. Il tutto intorno ai temi della giustizia sociale e ambientale, che oggi si intrecciano anche con una guerra in corso, sui quali ci si confronta e che si cercano di mettere in pratica, anche nella precarietà di una nuova occupazione.

La L.E.A. Berta Cáceres è infatti ancora precario, con minacce di sgombero, fomentate da alcuni giornali, che vengono richieste da alcune forze politiche. Evidentemente c’è chi pensa sia meglio lasciare uno spazio del genere all’abbandono come avvenuto in questi 10 anni.

La pensano diversamente le decine di realtà che hanno aderito all’appello lanciato dalla Laboratoria, per chiedere l’immediata apertura di un tavolo istituzionale con Regione, Municipio e Comune, nel quale discutere il futuro di questo luogo e del progetto “Berta Cáceres”.

Una richiesta che ha già incassato due risposte positive. Il Capo di Gabinetto del Sindaco di Roma ha risposto via mail, dando la propria disponibilità a partecipare al tavolo, e il Presidente del Municipio VIII, Amedeo Ciaccheri, ha incontrato oggi una delegazione della nuova occupazione, per esprimere la stessa disponibilità, auspicando che il tavolo venga convocato presto.

Ci sembrano segnali incoraggianti, che confermano come questa occupazione abbia colto nel segno, nel denunciare l’abbandono di uno spazio come tanti altri nella città di Roma, e rivendicando la necessità di un luogo in cui affrontare i temi urgenti del nostro tempo, a partire dalla crisi ecologica in corso.

Ora tocca alla terza istituzione esprimersi, la  regione Lazio. Nei primi giorni dell’occupazione è stato a più volte detto che l’edificio in via caffarella 13 fosse stato ceduto dalla regione alla società di gestione immobiliaria invimit, di proprietà del MEF.

Abbiamo finalmente chiarito che non è così, più semplicemente è stato passato ad un fondo immobiliare di proprietà al 70% della regione stessa, al 30% da un fondo di fondi controllato da invimit, società di gestione del mef. Un motivo in più per chiedere di interrompere la messa all’asta e tutelare lo spazio.

Aspettiamo con urgenza che venga convocato pertanto il tavolo dall’ente regionale.

Nel frattempo ribadiamo il nostro intento a proseguire con le attività, con la programmazione che ha già portato tante persone a frequentare la laboratoria.

La lotta ecologista continua!

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Nasce la Laboratoria Ecologista Autogestita BERTA CÁCERES

¡Despertemos¡ ¡Despertemos Humanidad¡ Ya no hay tiempo.

Nuestras conciencias serán sacudidas por el hecho de solo estar contemplando la autodestrucción basada en la depredación capitalista, racista y patriarcal.”

Berta Cáceres

Nasce la Laboratoria Ecologista Autogestita BERTA CÁCERES, un nuovo fronte di lotta contro la violenza dell’eterocispatriarcato e del capitalismo. Uno spazio liberato, antifascista, sorella solidale dei tanti spazi autogestiti che animano questa città e che attraversano ora momenti di difficoltà. Uno spazio di socialità che vuole promuovere pratiche di lotta ecologista collettiva, che vuole costruire e praticare conflitto, un luogo per ospitare formazioni e momenti di condivisione, uno spazio per praticare agricoltura sostenibile e promuovere la mobilità attiva alternativa, uno spazio per riflettere e per agire intersecando l’ecologia alle lotte transfemministe e anticapitaliste di Roma e del mondo.

Nasce in un edificio pubblico, condannato dalla Regione Lazio alla vendita a beneficio di chi appartiene a una classe sociale privilegiata. Un edificio costruito in piena regola abusivista che oggi è liberato per diventare un luogo che chiunque può attraversare, per costruire rivoluzione ecologica e promuovere nuove resistenze. La Laboratoria Ecologista Autogestita BERTA CÁCERES nasce in un parco, la Caffarella, che una lunga storia di lotte sociali ha difeso dall’avidità della speculazione edilizia. Ci collochiamo a seguito di quelle lotte e le proseguiamo tutelando l’edificio e la natura come bene comune all’interno di questa città.

UNA LABORATORIA ECOLOGISTA…

La parola “transizione” ha fatto inizialmente parte del vocabolario istituzionale e della green economy, ma è ormai un termine usato anche in altri ambiti, diventando un concetto che emerge in modo quasi automatico quando si parla di ecologia. Transizione intesa come un processo politico, storico ed economico che non si configura come una rottura radicale e strutturale dei fattori che hanno causato la crisi ecologica. Piuttosto, promette l’assunzione di alcuni specifici accorgimenti “tecnici” che permetterebbero cambiamenti in grado sì di recare beneficio ma, nello stesso tempo, di non ledere gli interessi economici delle multinazionali e gli interessi politici dei governi.

Critichiamo quindi questo concetto e rivendichiamo con decisione la necessità di una rottura radicale e strutturale del sistema capitalistico e dei sistemi politici che continuano a infliggere danni irreparabili alla salute dell’ambiente, degli animali non umani e delle persone. La lentezza e l’innocuità della loro transizione, che rimanda le soluzioni a tempi dilatati e burocrazie tecno-scientifiche, sta in vita solo attraverso il continuo silenziamento di una catastrofe in corso. Occorre ribadire in modo fermo e radicale che non sono i tempi dei giochi di potere dei governi, né i tempi di riconversione delle multinazionali, a dover dettare l’agenda dell’ecologia, ma sono i tempi della salute, dell’ambiente e della giustizia sociale. Per questo motivo, la risposta non potrà essere nessuna “transizione”, ma solo una rivoluzione ecologica.

L’inadeguatezza delle misure istituzionali è sempre più evidente, e la spartizione affarista dei fondi PNRR ne è una ulteriore dimensione. Eppure la catastrofe ecologica va avanti sotto gli occhi di tutti, mentre le élites mondiali decidono di non decidere e persistono in vani rinvii e mediazioni a ogni conferenza ONU sul clima. Al tempo stesso, le scelte scellerate

dell’Unione Europea definiscono “green” fonti energetiche dannosissime per il clima (gas) e per l’ambiente (nucleare).

…A ROMA

Se questo è il contesto internazionale e nazionale in cui ci troviamo, la città di Roma vive poi una situazione paradossale. Roma è una città “imbuto”, che consuma risorse e produce rifiuti, inquinamento atmosferico, inquinamento ambientale, pur essendo una città priva di un comparto industriale. In questa sua dimensione sui generis la città si sviluppa in senso predatorio, energivoro e impattante rispetto al territorio che la circonda. Roma richiede energia elettrica prodotta devastando l’area del porto di Civitavecchia, consuma quantità esorbitanti di acqua prosciugando fonti e corsi d’acqua di tutta la regione e scarica rifiuti “fuori dal raccordo”, ad esempio ai Castelli Romani, provocando danni ambientali di proporzione inestimabile. Una volta confluita in città, poi, l’acqua, anziché tutelata e protetta è mercificata da un’azienda, l’Acea, che ha come obiettivo prioritario la tutela dei profitti dei propri soci anziché del bene idrico, che viene disperso in una rete-colabrodo.

Lo scontro di classe, a Roma così come in tutte le grandi città, si manifesta in maniera evidentissima nella collocazione geografica e nella qualità dell’ambiente in cui si vive: cemento, cemento e solo cemento in periferia; immensi e degradati palazzi di dieci, dodici, quattordici piani in cui migliaia di lavoratrici e lavoratori tornano dopo ore di traffico, distanti chilometri dal centro cittadino riservato alla Roma bene.

Proprio in questo contesto di violenza strutturale nei confronti dell’ambiente e delle persone ribadiamo che non c’è lotta ecologista senza lotta di classe e viceversa.

Davanti a questo scenario, in questi anni non sono mai mancate e non mancano le voci critiche degli spazi occupati ed autogestiti. Infatti, questi spazi non rappresentano solo dei luoghi recuperati, ma esperienze politiche e punti di riferimento nei territori, propulsori di alternative insieme ideali e concrete. Qualche anno fa, a tal proposito, la rete per il diritto alla città scriveva: “In quest’ottica, gli spazi e le realtà che promuovono un’alterità, costruendo percorsi di inclusione e resistenza, vengono attaccati e sgomberati. Non è un problema che riguarda esclusivamente le proprietà dei singoli immobili o la destinazione che se ne vuole fare, ma il simbolo generale che rappresentano, realmente o potenzialmente. L’attacco generalizzato e prioritario è sicuramente agli spazi sociali occupati ma, più in generale, in una complessiva riduzione e compressione dell’agibilità politica e democratica che, prosaicamente si traduce, negli spazi decisionali sulla gestione della res publica.”

L’occupazione di uno spazio vuoto e abbandonato pone da subito il tema della proprietà. E lo fa innanzitutto nella contrapposizione tra interessi privati e pubblici: ma oltre a questo pone un tema all’interno della stessa proprietà e gestione pubblica, lì dove si costruiscono esperienze di autogestione ed autorganizzazione. Un nuovo modello decisionale dal basso che mette in discussione tanto gli interessi privati quanto il monopolio statuale e della delega verso l’alto.

Rivendicare, riappropriarsi e risignificare uno spazio ha la capacità non solo di un urlo ma di un vero e proprio discorso innovativo e alternativo in grado di accendere le conflittualità necessarie per la trasformazione del presente.

LIBERARE UNO SPAZIO PER LIBERARE E INTERSECARE LE LOTTE

Apriamo pertanto oggi un percorso cittadino che rivendichi la liberazione di uno spazio per renderlo fucina di lotta ecologista. Siamo consapevoli di iniziare un nuovo sentiero che può generare potenti intersezioni e sinergie con il resto dei movimenti cittadini e transnazionali.

L’ideologia estrattivista e neoliberista che giustifica e sottende l’esercizio dell’oppressione è la stessa che vuole il dominio sulla natura. Ed è un’ideologia coloniale. La gerarchia di potere imposta sugli altri animali e su tutti i corpi viventi è il paradigma di riferimento delle oppressioni anche tra gli animali umani. Un essere viene oggettivizzato e considerato a disposizione per i propri bisogni, la stessa radice alla base dell’idea di possesso e sfruttamento, di svalutazione, violenza, emarginazione quando una persona non viene giudicata utile, quando il suo contributo o la sua stessa esistenza diverge dalla classificazione utilitaristica. Le stesse dinamiche crudeli e mortifere avvengono in tutti i territori, attraverso l’estrazione incontrollata di materie prime, la gestione irresponsabile dell’acqua e di boschi e foreste, visti come mere risorse da sfruttare in chiave economica e di gestione del potere.

Il contributo alla lotta ecologista da parte del transfemminismo, ossia, di un femminismo queer trasversale alle lotte, inclusivo, un femminismo fatto di alleanze che non parte da un soggetto “donna” essenzializzato, è quello di osservare e analizzare l’esistente tenendo in considerazione le concrete differenze di vita e realtà di esperienze legate al genere, all’abilità, alla classe, alla cultura, all’etnia e alla specie.

Il meccanismo dell’oppressione e del sistema patriarcal-capitalista è quello di far credere alle popolazioni oppresse di vivere un destino ineluttabile.

Dedichiamo questo spazio a Berta Cáceres, donna, indigena, femminista, ecologista, uccisa da sicari del capitale estrattivista e coloniale sei anni fa. Con rispetto e ammirazione, lottiamo oggi perché Berta vive anche qui, con noi, anche ora!

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Comunicato alla Roma solidale

 

La Laboratoria Ecologista Autogestita Berta Cáceres, nata il 6 marzo 2022 dall’occupazione dello stabile in via della Caffarella 13 ha dato inizio alle sue attività.

Tantissime le persone che hanno attraversato lo spazio in questi due giorni, portando solidarietà, proposte e materiali, che hanno permesso già la creazione di un’aula studio e co-working, nonché la realizzazione di una partecipata assemblea sulle lotte transfemministe e le loro intersezioni con l’ecologia in vista dello sciopero dell’8 marzo.
Un ricco programma è previsto per i prossimi giorni.

Tutto questo, lo ricordiamo, in uno spazio vuoto da oltre 11 anni e all’asta da 6, che la Regione Lazio ha acquistato nel 2006 e poi ceduto a INVIMIT nel 2016. INVIMIT, immobiliare del MEF, lo ha messo in vendita ad un prezzo con base d’asta di 3 milioni di euro, sancendo potenzialmente la definitiva perdita, per la collettività, di uno spazio collocato in un contesto ecologicamente fragile e da tutelare. L’ennesimo regalo alla speculazione e al profitto privato all’interno di un Parco Regionale protetto.

Riteniamo sia necessaria la convocazione tempestiva di un tavolo di confronto con gli altri soggetti coinvolti: Municipio VIII, Comune di Roma, Regione Lazio e INVIMIT.

Viviamo in un momento di grave crisi ecologica e climatica. È fondamentale che le istituzioni riconoscano il valore politico e sociale di un progetto intenzionato a lavorare su questi temi, di cui è impossibile negare la valenza politica oggi. Sarebbe deplorevole in questo periodo storico che le istituzioni di prossimità assistessero senza agire alla violenza di uno sgombero.

La Laboratoria Ecologista Autogestita Berta Cáceres interseca conoscenze, costruisce coscienze e propone alternative.

Invitiamo tuttu a sostenere il progetto sottoscrivendo questo comunicato e partecipando all’assemblea pubblica che si terrà mercoledì alle 17:00 in via della Caffarella 13.

Laboratoria Ecologista Autogestita Berta Cáceres

Per adesioni: bertacaceres@autoproduzioni.net

Lista adesioni (in aggiornamento)

A Sud

Antifanzine

Assemblea Transterritoriale Corpi e Terra Non una di meno

Associazione Ciclonauti

Attac Roma 

Borgata Gordiani

CAIO – Comunità per le Autonome Iniziative Organizzate

C.S. Brancaleone

Casa delle donne Lucha y Siesta

Casale Garibaldi – Common at work

Casale Podere Rosa

Casetta Rossa

Centro di Iniziativa Popolare Alessandrino

Centro Socioculturale Ararat

Ciwanên Azad

CLAP – Camere del Lavoro Autonomo e Precario

Collettivo Italia-Centro America CICA

Communia

Comune.info

Coordinamento Romano Acqua Pubblica

Coordinamento collettivi autonomi romani

Coordinamento delle Assemblee delle donne e libere soggettività dei consultori del  Lazio

Corpi e Terra Non Una di Meno

Csa Astra

CSA La Torre

CSOA La Strada

CSOA Corto Circuito

CSOAT Auro e Marco

Disobbedienza Animale

Ecologia politica Milano

ESC Atelier

Extinction Rebellion Roma

Fairwatch

Fridays For Future Roma

L.O.A. Acrobax

Lab Puzzle

Laboratorio Sociale Autogestito 100celle (ex casale Falchetti)

La Città dell’Utopia

Lupa scuole in lotta

Malamurga

Mediterranea Saving Humans – Nodo di Roma

Movimento per il diritto all’abitare

Nemesi

Nodo Solidale

Oz Officine Zero

Pensare Migrante

Re-Common

Reorient

Ress Roma  – Rete di economia sociale e solidale

Rete Ecologista dei Castelli Romani

Rete Ecosistemica Roma

Sista

SCUP – Sport e Cultura Popolare

Stalker

Tre Ghinee