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La grande mobilitazione in difesa dell’acqua e contro i mega-bacini (Regione di Poitou, 24-26 marzo)

Nella regione francese di Poitou oggi si concludono i tre giorni di mobilitazione dedicati alla difesa dell’acqua come bene comune e alla lotta contro l’edificazione di mega-bacini, che dovrebbero servire e amplificare l’agricoltura intensiva e ad alto capitale della zona drenando le falde acquifere.

Contro questo progetto di accaparramento indiscriminato di risorse pubbliche, in quella regione si sta costruendo un progetto socio-ecologico diverso, che si fonda sulla condivisione di saperi, sulla produzione piccola e diffusa, sulla partecipazione dei territori e dellə lavoratorə locali. E anche sulla solidarietà e la resiste collettiva e determinata alla violenza predatoria di questo progetto (purtroppo da questo punto di vista paragonabile a molti altri).

In questi giorni infatti ci sono stati incontri di approfondimento, assemblee e dibattiti, una grande festa ospitata dal solidale comune di Melle. Oltre a questo, la grande manifestazione di sabato (si stimano 30.000 persone) ha permesso di avvicinarsi ai bacini per contestare il progetto.

Non solo lo Stato non ha permesso alcun processo di mediazione decisionale rispetto al progetto, ma sabato ha violentemente represso tramite l’intervento delle forze dell’ordine la manifestazione, che avanzava solidale e compatta verso un bacino. Sono state ferite più di 200 persone, una delle quali è tutt’ora in pericolo di vita. Le violenze sono state talmente gravi da indurre la Lega dei diritti dell’uomo a scrivere un duro comunicato di denuncia.

Questa violenza va letta nel quadro dell’enorme repressione che sta colpendo il movimento francese, compatto contro la riforma delle pensioni voluta da Macron, che in questo paese è ormai l’unico strumento di gestione delle istanze sociali sempre più radicali. Di fronte e contro essa, ha un valore enorme la generosità, la determinazione e l’entusiasmo mostrato da tutto il corteo, che per ore ha resistito ed ha così dimostrato che non sarà facile procedere secondo i piani prestabiliti.

Fermare il progetto delle mega-bassines è possibile, e apre ad un modello di futuro diverso.

NO BASSARAN!

Di seguito pubblichiamo la traduzione del comunicato di conclusione dei tre giorni di mobilitazione.

Comunicato sulle condizioni dell* compagn* gravemente ferito

COMUNICATO FINALE DELLA GIORNATA DELLA MANIFESTIONE (25 MARZO)

30.000 persone manifestano a Sainte-Soline nonostante la brutalità della polizia per un passo decisivo verso la fine dei mega-bacini!

Intorno ai simboli della fauna minacciata dai progetti dei bacini (l’otarda, la lontra e l’anguilla), lə manifestanti sono avanzatə nei campi in un’atmosfera determinata, con molta creatività, audacia e unità, lontano dal cliché venduto da Gerald Darmanin di 1000 individui isolati che cercano la violenza. La Confédération paysanne, da parte sua, ha piantato 300 metri di siepi, essenziali per un modello agricolo a basso consumo di acqua e rispettoso della biodiversità. Le 30.000 persone sono arrivate insieme ai piedi del cantiere di Sainte-Soline, che hanno circondato con le forze dell’ordine che si sono disposte lungo il suo perimetro. Migliaia di persone sono avanzate tenendosi per mano, altre si sono avvicinate in gruppo per abbattere i cancelli.

Mentre il corteo giallo è riuscito a entrare brevemente nel sito, la violenza della polizia è stata sconcertante nella sua brutalità: non meno di 200 persone sono state ferite e altre stanno ancora arrivando. Tra queste, una quarantina di persone hanno ferite profonde e schegge, soprattutto alle gambe e al volto, a causa delle granate disinnescate e dei colpi di LBD. Una dozzina di feriti gravi sono stati trasferiti all’ospedale universitario. Un manifestante è in coma con una prognosi in pericolo di vita, altri due hanno una prognosi funzionale. Questa violenza è assolutamente criminale in quanto sappiamo che si trattava solo di proteggere un cratere vuoto e di mantenere la faccia. Essa rispecchia ampiamente la brutale repressione subita dal movimento sociale contro la riforma delle pensioni.

Peggio ancora, la polizia ha ritardato il trattamento dei feriti bloccando il Servizio di Aiuto Medicale Urgente di Sainte-Soline, nonostante fosse stato chiamato dai manifestanti alle 13.00. Una persona in pericolo di vita ha dovuto aspettare più di un’ora prima che la prefettura autorizzasse il passaggio del SAMU dopo le chiamate della Confédération paysanne e di Marine Tondelier – un blocco confermato dagli osservatori della Ligue des Droits de L’Homme.

Gli organizzatori denunciano la grave violenza contro le persone, perpetrata ancora una volta dalla polizia e che ci ricorda la tragedia di Sivens. Siamo preoccupati per queste persone ferite, la priorità è e deve essere quella di prendersi cura di loro. Va anche detto che, in vista della mobilitazione, la prefettura, il governo e persino Emmanuel Macron hanno moltiplicato gli elementi di linguaggio volti a criminalizzare il movimento anti-bacino e a giustificare così le violenze di cui i manifestanti sono stati oggetto oggi.

Prima di lasciare il sito, i manifestanti hanno scavato e disarmato una pompa e un tubo centrale del bacino di Sainte-Soline, mettendolo definitivamente fuori uso. Allo stesso tempo, la Confédération paysanne ha anche allestito una serra per aiutare un agricoltore ad avviare un’attività in un terreno vicino al bacino. Queste azioni dimostrano che, al di là dell’opposizione ai mega-bacini, è proprio un altro modello agricolo più resiliente, che condivide le risorse idriche e che è a misura d’uomo a essere difeso in questa lotta.

I manifestanti tornano questa sera e domenica a Melle, un comune militante dove sono previsti dei festeggiamenti. La lotta per la condivisione dell’acqua continua, con tavole rotonde sulle devastazioni dell’agrobusiness, sulle lotte internazionali e sull’agricoltura contadina, ma anche riflessioni sulla continuazione e sulle alleanze del vasto movimento popolare contro l’accaparramento dell’acqua. Nei prossimi due giorni sono previsti spettacoli pubblici e concerti.

Continueremo a lottare, nonostante le intimidazioni e l’estrema brutalità del governo.

Questa data segna un nuovo e decisivo passo avanti che dovrebbe annunciare l’arresto dei lavori e l’apertura di un dialogo sulla conservazione e la condivisione dell’acqua, nonché la fine anticipata dei progetti dei mega-bacini.

Siamo rafforzati da questo sostegno massiccio e 4 volte più numeroso rispetto all’ultima mobilitazione, che è stata molto importante a Sainte-Soline. No bassaran!

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Che cos’è EastMed-Poseidon? Ne parliamo con ReCommon e Gastivists


Martedì 14 marzo alle 18:00 faremo il punto su EastMed-Poseidon, il progetto di un gasdotto che vorrebbe partire da Israele e attraversare il Mediterraneo, passando sotto Cipro e la Grecia, per poi raggiungere la Puglia. Questo progetto è emblematico nella relazione tra fossile e militarizzazione, in quanto si situa in zone dal delicato equilibrio geopolitico, alimentando guerre e apartheid.

Ne parleremo con Gastivists, collettivo che si occupa di informazione e sensibilizzazione sui pericoli delle fonti fossili e che presenterà “Peace is fossil free”,  il fumetto che ha prodotto dove attivistə da Palestina, Israele, Cipro, Grecia e Italia collegano guerra, repressione e gas fossile, attraverso la loro esperienza.

Avremo con noi anche ReCommon, che per l’occasione presenterà invece il suo nuovo video su EastMed, il quale con immagini e interviste ci restituirà le tensioni e problematiche che questo progetto sta alimentando nel Mediterraneo dell’est.

Ci vediamo alla stazione prenestina liberata martedì 14 marzo alle 18:00!

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L’hub del gas del Mediterraneo orientale si chiama Israele, con tutto quello che ne consegue a livello di tenuta degli equilibri geopolitici di una delle aree più instabili del Pianeta. Una delle infrastrutture più strategiche è il cosiddetto “Gasdotto della Pace”, un serpentone che dal terminal egiziano di Al Arish dopo un percorso sottomarino di 90 chilometri e bypassando la Striscia di Gaza termina la sua corsa ad Ashkelon. È attivo dal 2008 e permette in un primo momento a Tel Aviv di importare gas dall’Egitto. Nel 2013 la scoperta degli enormi giacimenti di Leviathan e Tamar al largo di Israele e di Aphrodite nelle acque cipriote apre anche per questi paesi la possibilità di divenire esportatori di gas, sia nella regione che verso il mercato europeo e globale. Né Cipro, né Israele hanno però le infrastrutture dell’Egitto. Si valuta così la costruzione del mega gasdotto Eastmed, che passerebbe anche da Cipro per poi arrivare in Italia, in Puglia, e la realizzazione di pipeline sottomarine per collegare i giacimenti offshore con la Turchia o con l’Egitto. Ma la firma di un accordo per la vendita del gas israeliano a una società egiziana apre a uno scenario nuovo: il preesistente gasdotto Arish-Ashkelon viene adattato per permettere a Israele di iniziare a esportare gas verso l’Egitto. Il “gasdotto della Pace” diviene così un’opera di fondamentale importanza per tutta la regione.

Intanto si valuta il da farsi con l’ambizioso progetto Eastmed, che trova il gradimento di paesi di passaggio e approdo quali Grecia e Italia ma non della Turchia, che si vedrebbe esclusa dalla partita. Gli Stati Uniti hanno espresso parere negativo su Eastmed, mentre Tel Aviv punterebbe sul trasporto tramite liquefazione del gas, anche se non è ufficialmente uscita dal progetto. In attesa di novità, Israele si afferma quale nuovo hub del gas con i suoi flussi di import e export, un po’ come vorrebbe fare dell’Italia il governo Meloni. Nel frattempo da più parti lo sfruttamento della riserva fossile viene visto come un elemento di ulteriore rafforzamento della repressione nei confronti del popolo palestinese. Uno status quo che Amnesty International e altre organizzazioni per i diritti umani definiscono come un vero e proprio regime di apartheid. Nel frattempo, denunciano gli attivisti locali, Israele si sta guardando bene dal dare il suo contributo per risolvere la crisi climatica. Dall’inizio della guerra le mega centrali di Ashkelon hanno ripreso a utilizzare olio combustibile e carbone. L’inquinamento nel Paese è a livelli delle peggiori zone di sacrificio, ossia delle aree della Cisgiordania che Israele sfrutta per lo smaltimento di rifiuti pericolosi, anche se nelle zone residenziali e nelle città fanno bella mostra di sé pannelli solari che raccontano di una sostenibilità e di un’attenzione per l’ambiente solo di facciata.

di Filippo Taglieri/ ReCommon

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Domenica 12 marzo assemblea pubblica

Berta ha ritrovato casa! 

Sabato abbiamo deciso di portare la nostra rabbia nelle strade, dentro e contro una realtà governata a colpi di sgomberi e violenta repressione.

Siamo tornate a respirare con una favolosa e partecipata passeggiata ecotransfemminista nel quartiere di Roma est, per liberare l’ennesimo spazio abbandonato in una città consegnata alla speculazione. 

Ora è il tempo di raccontarsi, conoscersi immaginare assieme pratiche per dare forma allo spazio, mettendosi in ascolto dei bisogni e dei desideri del quartiere, delle realtà sociali e delle soggettività che lo attraversano. 

Vi aspettiamo alla stazione Prenestina liberata Domenica 12 marzo con un pranzo di cucina popolare veg a cura del centro socioculturale curdo Ararat e un mercato contadino di produttorə direttə. 

Alle 17:00 si terrà l’assemblea pubblica, dove ci chiederemo insieme che cos’è e come si fa a far vivere una laboratoria ecologista autogestita e con quali pratiche possiamo prenderci cura e costruire questo nuovo spazio.

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Pullman da Roma verso la manifestazione di Piombino

Sosteniamo e partecipiamo attivamente alla manifestazione contro il rigassificatore di Piombino, promossa della coalizione Per il Clima Fuori dal Fossile.
Il rigassificatore è un’opera inutile, impattante per la città e per il territorio, simbolo del legame tossico che questo governo vuole mantenere con le elité del gas, in primis Eni e Snam.
Il gas fossile non è una alternativa di transizione, è un gas pericolosissimo che nei primi 20 anni dalla sua immissione nell’atmosfera ha un impatto climalterante fino ad 84 volte peggiore della Co2.
Il governo ha deciso di sostituire la dipendenza dal gas russo con il cosiddetto LNG, cioè il gas liquefatto, che verrà portato a Piombino tramite enormi navi tank da varie parti del mondo. Da Piombino verrà poi distribuito nella rete una volta rigassificato.
Tutto questo processo è finalizzato unicamente a garantire i profitti sulle fonti fossili, aggravando la crisi climatica e a danno di interi ecosistemi.
Ci uniamo alla grande coalizione di collettivi, comitati e società civile che ha promosso la manifestazione e saremo a Piombino per ribadire il nostro no al gas fossile e a tutti i progetti di rigassificatori con i quali questo governo condanna il futuro del pianeta.

Qui avevamo condiviso il comunicato di lancio della manifestazione e di seguito condividiamo le informazioni necessarie per muoversi tutt3 insieme in bus da Roma verso Piombino:

!! Si sta organizzando un pullman da Roma per partecipare alla manifestazione di Piombino di sabato 11 marzo contro il rigassificatore e, in generale, contro l’uso delle fonti fossili;
!! Si chiede un contributo di 15 euro, ma se qualcun@ non ha possibilità, capiremo come fare.
!! Partenza sabato 11 ore 9.00 da Piramide (dietro l’Acea dove c’è parcheggio Pullman);
Ritorno in serata (partenza da Piombino tassativamente entro le 18.00).
!! Numeri per prenotazione (entro giovedì ore 12):
Vincenzo 06.86894658
Radio Onda Rossa 06.491750

 

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𝐋’𝟖 𝐌𝐀𝐑𝐙𝐎 – 𝐒𝐂𝐈𝐎𝐏𝐄𝐑𝐈𝐀𝐌𝐎 𝐎𝐕𝐔𝐍𝐐𝐔𝐄

Da Non una di meno – Roma

𝐋’𝟖 𝐌𝐀𝐑𝐙𝐎 – 𝐒𝐂𝐈𝐎𝐏𝐄𝐑𝐈𝐀𝐌𝐎 𝐎𝐕𝐔𝐍𝐐𝐔𝐄 !!!

Il presente che abitiamo ci mostra uno scenario sempre più dominato da spinte globali neoautoritarie, che rimettono al centro del dibattito e delle pratiche politiche il paradigma della guerra militare e sociale. All’interno di questa cornice, l’affermazione elettorale della destra razzista e antiabortista sta determinando una serie di trasformazioni del welfare in chiave familista che accentuano linee di oppressione già esistenti al grido “Dio, patria e famiglia”.

Nel presente che abitiamo, l’8 marzo 2023 sarà anche – e di nuovo – sciopero globale femminista e transfemminista. Una giornata di sciopero dalla violenza maschile e di genere, di sottrazione dal lavoro dentro e fuori casa! Una giornata in cui affermare il nostro ritmo, la nostra lentezza, il nostro diritto a fermarci.

𝐒𝐜𝐢𝐨𝐩𝐞𝐫𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐢𝐧𝐬𝐢𝐞𝐦𝐞 per rompere l’isolamento imposto dai ritmi incessanti del quotidiano; per rendere visibile l’intreccio e le articolazioni attraverso cui la violenza patriarcale neoliberale si manifesta.

𝐒𝐜𝐢𝐨𝐩𝐞𝐫𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐢𝐧𝐬𝐢𝐞𝐦𝐞 contro tutti i lavori sottopagati e precari che siamo costrettә ad accettare per sopravvivere; per l’urgenza di politiche ridistributive della ricchezza, per pretendere reddito di autodeterminazione e salario minimo.

𝐒𝐜𝐢𝐨𝐩𝐞𝐫𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐢𝐧𝐬𝐢𝐞𝐦𝐞 contro i femminicidi i transicidi, gli stupri e le molestie; per il finanziamento dei centri antiviolenza laici e femministi.

𝐒𝐜𝐢𝐨𝐩𝐞𝐫𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐢𝐧𝐬𝐢𝐞𝐦𝐞 per una sanità pubblica accessibile e libera da stereotipi, contro l’obiezione di coscienza e l’ingresso delle associazioni antiabortiste nei consultori; per un aborto libero, sicuro e gratuito, per una medicina femminista e transfemminista, per il diritto al piacere.

𝐒𝐜𝐢𝐨𝐩𝐞𝐫𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐢𝐧𝐬𝐢𝐞𝐦𝐞 contro la retorica del merito, per una scuola laica, pubblica e gratuita che educhi alle differenze e che sia davvero per tuttə; per un sapere libero dalla violenza patriarcale, dal razzismo, dall’abilismo e dal classismo.

𝐒𝐜𝐢𝐨𝐩𝐞𝐫𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐢𝐧𝐬𝐢𝐞𝐦𝐞 contro la violenza del razzismo sistemico e dei confini, per la libera circolazione delle persone.

𝐒𝐜𝐢𝐨𝐩𝐞𝐫𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐢𝐧𝐬𝐢𝐞𝐦𝐞 contro la violenza di tutte le guerre, fatte da ricchi e potenti e pagate dalle popolazioni civili; per l’autodeterminazione dei popoli e la giustizia sociale, per un mondo senza confini, senza imperialismi e senza eserciti.

𝐒𝐜𝐢𝐨𝐩𝐞𝐫𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐢𝐧𝐬𝐢𝐞𝐦𝐞 contro un sistema predatorio e insostenibile che considera la terra e gli animali risorse infinitamente disponibili; per una transizione ecologica ed energetica equa. Scioperiamo insieme dai consumi per immaginare una possibilità di esistenza alternativa allo sfruttamento dei corpi e dei territori.

𝐒𝐜𝐢𝐨𝐩𝐞𝐫𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐢𝐧𝐬𝐢𝐞𝐦𝐞 dai ruoli di genere, contro quelle aspettative binarie che ci condizionano fin dalla nascita; contro le violenze, le patologizzazioni imposte alle persone trans e intersex; perchè tuttә le soggettività possano essere liberә. Scioperiamo insieme contro lo stigma che uccide chi fa sex work e per la decriminalizzazione del lavoro sessuale.

𝐒𝐜𝐢𝐨𝐩𝐞𝐫𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐢𝐧𝐬𝐢𝐞𝐦𝐞 alle donne curde, afghane e iraniane e alle donne che in tutto il mondo stanno lottando per una vita libera dall’oppressione e felice. Scioperiamo insieme per chi non ha più voce, per chi è privatә della propria libertà, per tutte le voci silenziate.
Il prossimo 8Marzo organizziamo, partecipiamo, facciamo vivere insieme lo sciopero nei luoghi che attraversiamo

Corteo ore 17:00
Partenza: Piazzale Ostiense
Via Marmorata
Piazza dell’Emporio
Ponte Sublicio
Via di Porta Portese
Via Girolamo Induno
Viale Trastevere
Arrivo: Largo Bernardino da Feltre

𝐈𝐥 𝐩𝐫𝐨𝐬𝐬𝐢𝐦𝐨 𝟖 𝐌𝐚𝐫𝐳𝐨 𝐓𝐚𝐤𝐞 𝐢𝐭 𝐄𝐚𝐬𝐲 𝐚𝐧𝐝 𝐆𝐞𝐭 𝐭𝐡𝐞 𝐒𝐭𝐫𝐢𝐤𝐞 𝐋𝐨𝐨𝐤!

 

 

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L’immobiliare ribelle L.E.A. Berta Cáceres trova di nuovo casa!

L’Immobiliare Ribelle L.E.A. Berta Caceres TROVA DI NUOVO CASA!, ancora negli interstizi dimenticati della metropoli per farsi spazio e riempire il vuoto dai toni cupi in una città consegnata alla speculazione.

Questa volta il nostro obbiettivo è uno stabile di Rete Ferrovie Italiane, partecipata al 100% dallo Stato, proprietaria di decine di immobili abbandonati in tutta Italia che potrebbero avere un utilizzo sociale e comunitario e che invece diventano facilmente luoghi abbandonati e pericolosi da attraversare soprattutto per tutte le soggettività femminilizzate e queer.

L’ex Stazione Prenestina è stata più volte oggetto di progettazione per diventare un luogo aperto al quartiere, uno spazio di socialità e cultura. Nulla però si è tradotto in realtà e a distanza di più di 10 anni dalla sua chiusura definitiva al pubblico è ancora in stato di abbandono totale.

Oggi liberiamo questo spazio per fare quello che istituzioni e proprietà non sono in grado o non vogliono fare!

Oggi infestiamo un’altra parte della metropoli, a un anno dalla prima occupazione della Laboratoria Ecologista, nel giorno dell’anniversario dell’omicidio di Berta Caceres per mano del capitalismo estrattivista e tra gli scioperi globali per il clima del 3 marzo e transfemminista dell’8 marzo.

Siamo stanch3 di assistere al sacrificio di corpi non allineati e alla retorica inaccettabile e polverosa delle leggi biologiche della famiglia eteronormativa. Per questo con una passeggiata eco-transfemminista ci siamo ripres3 le strade e gli spazi verdi del quartiere, alzando voci multispecie contro violenza e femminicidi-lesbicidi-trans*cidi.

Rivive oggi in questo luogo una casa eco-transfemminista dove non c’è spazio per i binarismi imposti e per il dualismo affibbiato dall’estrattivismo capitalista che ci vuole separate e contrapposte al resto del vivente, un presidio antispecista in cui sfidare i rapporti di dominio, mercificazione e appropriazione indebita alla base della relazione tra animali umani e non umani, e causa della distruzione e colonizzazione di interi ecosistemi sacrificati in nome della agro-

zootecnica intensiva.

Continuiamo ad occupare ed inseriamo questa pratica nelle forme di sanzionamento delle diseguaglianze di classe e della riappropriazione di ricchezza dal basso, perché ci sentiamo un soggetto collettivo all’attacco, contro i riccastri e le ruberie di classe. Lo abbiamo fatto in occasione della campagna lanciata contro il lusso, disturbando lo shopping natalizio più danaroso e l’arroganza impellicciata dei jet privati a Ciampino.

La drammatica dimensione che la crisi climatica sta assumendo è sotto gli occhi di chiunque. Ghiacciai che si sciolgono, siccità, innalzamento delle temperature,

distruzione di ecosistemi e perdità di biodiversità.

Le istituzioni continuano ad essere prone alla volontà del capitale fossile, il nostro governo in primis che ha pensato bene di riaprire la partita delle esplorazioni a fine estrattivo dell’Adriatico o di difendere l’industria dell’automobile, in un momento in cui le fonti fossili devono essere abbandonate definitivamente.

La militarizzazione delle frontiere che provoca stragi dalle proporzioni agghiaccianti come quella recente di Crotone è l’ulteriore faccia di un governo violento e autoritario che permette che questo accada usando le morti per fare bieca propaganda razzista.

Tutto questo è inaccettabile ma non rimarremo a guardare

Vogliamo ricominciare a parlare di rivoluzione, perché vogliamo tutto, e ce lo verremo a prendere!

Il nostro tempo è adesso, non baratteremo con le vostre soluzioni green, macchine elettriche, idrogeno o biogas che siano, l’utopia che immagina.

Raggiungici!


 

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3-8 marzo settimana transfemminista!

Domani è lo sciopero globale per il clima e migliaia di student* in tutto il mondo scenderanno in strada per riaffermare la necessità di un presente ed un futuro diverso, dove inquinamento ambientale e violenza capitalista non siano più la norma. La prossima settimana, invece, sarà il turno delle donne* e delle soggettività femminilizzate, che rivendicheranno con Lotto Marzo un mondo libero dalla violenza patriarcale. Si apre così domani la settimana eco-transfemminista, dove i grandi movimenti transnazionali come Fridays for future e Non una di meno, insieme con numerosi collettivi e realtà in lotta cercheranno di dare corpo all’intersezione, oggi più fondamentale e necessaria che mai, tra le istanze ecologiste e transfemministe. Ricondividiamo quindi l’appello per la settimana eco-transfemminista lanciato da Non una di meno, buona lettura!
da NON UNA DI MENO

Il 3 e l’8 marzo saremo nuovamente in piazza per scioperare contro la violenza che devasta corpi e territori.

Da alcuni anni i movimenti ecologisti e transfemministi hanno adottato lo sciopero come pratica di lotta, ma quest’anno vogliamo unire i due scioperi in una settimana di mobilitazione ecotransfemminista. Siamo ormai consapevoli del fatto che la violenza contro cui lottiamo è la stessa e ha la stessa origine in un sistema capitalista, antropocentrico e patriarcale che lega in maniera indissolubile lo sfruttamento delle risorse naturali allo sfruttamento dei corpi.

Il 3 e l’8 marzo scioperiamo e ci uniamo in una settimana di mobilitazione tra queste due date perché la nostra lotta è la stessa: non ci può essere giustizia climatica senza giustizia sociale e viceversa!

Non siamo tuttə nella stessa barca. Scioperiamo perché la crisi climatica non colpisce tuttə allo stesso modo, ma amplifica le diseguaglianze già presenti nella società aggravando le condizioni delle categorie marginalizzate e svantaggiate. La pandemia da Covid-19, le cui cause sono profondamente legate alla crisi climatica, ne è stata un’ulteriore conferma: sono state le donne, le persone socializzate come tali e le soggettività LGBTQIA+ a pagare il prezzo più alto della crisi sanitaria.

Scioperiamo perché non vogliamo più mettere il nostro tempo al servizio del lavoro produttivo e riproduttivo, nell’ottica del profitto di pochi sulle spalle di molte. La sopravvivenza di questo sistema economico predatore esige lo sfruttamento di tutte le risorse naturali disponibili e pretende l’obbligo di produrre altre vite, sempre messe a disposizione del lavoro. La transizione ecologica va basata su questi fatti, e non usata da poche compagnie per fare enormi profitti.

Questo è il sistema che noi rifiutiamo.

Scioperiamo perché la crisi climatica è già qui e i suoi effetti materiali sulle nostre vite sono ormai evidentissimi: siccità, inquinamento, crisi energetica e inflazione non sono processi inevitabili, ma il frutto di precise scelte politiche ed economiche.

Scioperiamo perché non vogliamo essere sempre noi a pagare il prezzo più alto. Vogliamo città dove l’accesso ai servizi sia garantito a tuttə, in cui il trasporto pubblico sia diffuso e gratuito; città in cui non ci si ammala per l’aria che respiriamo e in cui non si muore per le temperature eccessive; dove essere liberə di muoverci e di vivere una vita libera e felice. Questa realtà non si costruisce da sola nè ci verrà regalata da chi al potere non ha intenzione di cambiare. Questo lo costruiamo noi, insieme, ogni giorno, e vi invitiamo a esserci anche in questi due giorni.

Il 3 marzo invitiamo tutte le persone che potranno essere in piazza a partecipare alle manifestazioni locali organizzate in occasione dello sciopero per il clima.

Per l’8 Marzo Non Una di Meno ha chiesto anche quest’anno a tutte le organizzazioni sindacali di convocare lo sciopero generale di 24 ore, che sarà garantito per tutti i settori del pubblico impiego e del privato: su questo blog nei prossimi giorni si potranno man mano trovare tutte le proclamazioni inviate alla Commissione di Garanzia per lo sciopero.

Nella settimana dal 3 all’8 marzo invitiamo inoltre tutte le persone che sentono il bisogno di mettere in discussione e in crisi il sistema di produzione attuale, ad agire con i propri mezzi e secondo le proprie possibilità uno sciopero dei e dai consumi, rivolto in particolare alle catene dei fast food e della fast fashion, rappresentative di quelle multinazionali che continuano a fare extra profitti a scapito di qualunque forma di giustizia sociale ed ambientale.

IL FUTURO SARA’ ECOTRANSFEMMINISTA O NON SARA’!

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Sabato 4 marzo passeggiata eco-transfemminista!

Sabato 4 marzo

@VILLA GORDIANI (ang. via Prenestina / via Dignano d’Istria)

H 11:00

INTERSEZIONI E INFESTAZIONI TRA SCIOPERI GLOBALI 

sabato 4 marzo 

Chiamiamo a Roma Est una passeggiata eco-transfemminista che vuole creare un legame tra le mobilitazioni di venerdì 3 marzo, sciopero globale per il clima, e mercoledì 8 marzo, sciopero globale transfemminista.

Saremo per le strade e negli spazi del quartiere per tradurre in pratica l’intersezionalità delle nostre lotte, mostrando la concretezza della condizione di oppressione che corpi ed ecosistemi vivono per mano dell’etero-cis-patriarcato e dell’estrattivismo capitalista.

Come precar3, sfruttat3, vittime di disastri ambientali, responsabili del lavoro di cura, come corpi non conformi che subiscono violenza e femminicidi-lesbicidi-trans*cidi, come abitanti di un ecosistema sofferente e assoggettato, ci riprenderemo le strade con una passeggiata rumorosa che dia finalmente spazio alle voci multi-specie che ogni giorno vengono silenziate.

La crisi ecologica e climatica è sempre più pervasiva e gli agenti attivi che la incarnano rendono corpi e territori sacrificabili e muti.

Da Villa Gordiani, luogo di storie di violenza ma anche di sorellanza* resistente, al lago Bullicante della Ex-Snia, che lotta contro la cementificazione e gli interessi dei privati; ci riprenderemo gli spazi che sono nostri.

Grideremo con rabbia e con amore che la salute dei territori e dei nostri corpi si costruisce con la cura collettiva delle relazioni e dell’ecosistema metropolitano che abitiamo.

Cura collettiva come rigenerazione e come pratica conflittuale, che dia protagonismo alle soggettività femminilizzate e queer per ribaltare le dinamiche di potere esistenti.

Scendiamo in quartiere perché rifiutiamo il regime di sicurezza imposto dal succedersi di governi reazionari e sbirreschi.

Rifiutiamo questa stretta repressiva che ci toglie l’aria, l’attacco repressivo all3 lavoratrici, l’imposizione della precarietà con il taglio del reddito di cittadinanza e il carovita.

Rifiutiamo gli extra profitti delle aziende del fossile e la militarizzazione che li protegge.

Rifiutiamo la retorica della famiglia naturale e delle differenze biologiche di genere che vorrebbero un mondo di violenza patriarcale dove non c’è spazio per le nostre esistenze.

A tutto questo opponiamo i desideri dei nostri corpi indomabili, per una vita bella! 

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11 marzo a Piombino contro il nuovo rigassificatore

In occasione del lancio della manifestazione nazionale a Piombino contro il piano del governo Meloni di rendere il territorio italiano un hub del gas per l’Europa, ricondividiamo il comunicato di Per il clima – fuori dal fossile e Rete no rigass no Gnl.
Ci vediamo l’11 marzo ore 14:00 a Piombino (viale della resistenza, 4)!

Con l’arrivo delle navi rigassificatrici a Piombino e a Ravenna, è ormai confermato che il governo Meloni in continuità con quello Draghi, sia complice degli interessi delle multinazionali del fossile e che la giustizia climatico-sociale sarà all’ultimo posto della agenda governativa. Anche se parzialmente diversi sono i comportamenti delle amministrazioni locali, l’insieme delle istituzioni, a partire dalle scelte della politica nazionale, ha fermamente ratificato la volontà di andare avanti senza alcun ripensamento, senza ascoltare minimamente le obiezioni di parte significativa delle popolazioni, della scienza, dei comitati di cittadine e cittadini e di quanti hanno inviato argomentate osservazioni.  E – quel che è peggio – si sta disegnando uno scenario in cui non solo Piombino e Ravenna saranno i punti cardine della scelta fossile, ma molti porti e molte località in tutta Italia, dalle Marche alla Sardegna, dalla Sicilia alla Calabria, dalle Puglie alla Liguria e al golfo di Trieste, si apprestano a far parte di un piano che vuole fare del nostro Paese lo snodo in Europa di un sistema energetico basato principalmente sul gas.

Diversi nuovi rigassificatori e potenziamento di quelli esistenti, una miriade di depositi di GNL, estensione della rete dei gasdotti, moltiplicazione dei punti di trivellazione, costruzione di impianti collaterali all’ utilizzo del gas (come quelli per la cattura e stoccaggio della CO2),  senza contare le pesantissime ricadute che tutto ciò avrà sulla salute, sul sistema dei trasporti, della mobilità e sulla vita quotidiana di tante località, in spregio alle istanze di salvaguardia dai rischi, alle reali esigenze di tutela del territorio e alle prospettive della crisi climatica.

Questo è la realtà in barba a tutte le dichiarazioni sulla necessità della transizione ecologica e non si esita a ricorrere alla dichiarazione dello stato di emergenza, che sta rendendo possibile ogni deroga all’ osservanza delle norme ambientali, che chiunque dovrebbe rispettare. Colpendo così anche la democrazia stessa.

Si tratta di un tema che non riguarda “solo” la sicurezza, i danni al territorio, in mare e in terraferma conseguenti agli inevitabili dragaggi continui dei fondali, allo sversamento di tonnellate di cloro in acqua e al suo radicale raffreddamento che altererà l’ecosistema marino e alla costruzione di imponenti ed inutili strutture a terra.  E non si tratta “solo” dei costi elevatissimi che tale strada comporta, dal punto di vista economico oltre che da quello ambientale.

Si tratta soprattutto di decidere se vogliamo legarci per l’eternità alla schiavitù del sistema fossile, costruendo in Italia un’infinità di strutture dedicate mentre, come dimostrano anche gli stessi dati ministeriali, è totalmente falsa la narrazione tossica per la quale saremmo in mancanza di energia ed in emergenza visto peraltro, il paradosso delle voluminose e speculative esportazioni di gas “italiano” verso il mercato europeo (record 2022 = + 578% su 2021,fonte AltraEconomia) e la propensione italica a divenire Hub europeo del gas. 

Al posto di passare con determinazione alle energie rinnovabili, alla produzione decentrata e diffusa, ad un modello sociale più giusto stiamo assistendo ad un’accelerazione spaventosa del sistema estrattivistacome unico modello di vita.

Un vero e proprio assalto alle risorse della Terra, senza alcuna preoccupazione per come è e sarà la vita di coloro che vengono al mondo oggi. Mentre la comunità scientifica evidenzia l’urgenza di porre rimedio invertendo la tendenza in atto, i governi colpevolmente non ancora definiscono i decreti attuativi della legge sulle rinnovabili.

Ancora una volta tocca a noi, a tutte e tutti coloro che vivono e si impegnano nella quotidianità contro la catastrofe ambientale-climatica-sociale, prendere la parola e rilanciare la lotta. Con la mobilitazione e con un’infinità di proposte ed azioni concrete, vogliamo costruire un modello ben diverso, rispettoso della Terra, della giustizia sociale, climatica, alimentare, generazionale e interculturale. Riteniamo che sia ora di ritrovarci, ancora una volta, in tutte le piazze e in tutti i luoghi dove si stanno compiendo le scelte, e di lanciare anche una visibile presenza nazionale della nostra protesta.

giornata di lotta nazionale a Piombino l’11 marzo 2023

Non ci arrendiamo, uscire dalle fonti fossili si può    

– Rete Nazionale No Rigassificatori No Gnl                                                  

– Campagna per il Clima – Fuori dal Fossile

 

 

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Storie di resistenza – proiezione di Amussu (2019)

Domenica 12 Febbraio alle 18:00 a Casetta rossa, prima della cena veg a cura della TaBerta,  proiettiamo “Amussu” (2019), documentario che racconta la storia di un villaggio in lotta contro il furto delle risorse nel sud est del Marocco. In occasione della proiezione, pubblichiamo la traduzione del documento che spiega il processo che ha portato alla creazione del documentario. Un processo che si basa sulle pratiche decisionali dell’Agraw (l’assemblea generale della comunità, antico sistema democratico Amazigh ereditato dai loro antenati dopo la fondazione della confederazione delle tribù Ait Atta prima dell’istituzione del moderno Stato centrale) e mette al centro le pratiche di resistenza artistiche e poetiche. Premessa fondamentale del film è infatti l’antico proverbio amazigh: “Tar Izli Ur tamu” (un evento senza la sua poesia è un evento che non è mai accaduto).
Il documentario racconta la lotta portata avanti dalla comunità dal 2011, contro la distruzione estrattivista causata dalla miniera di argento più grande dell’Africa. L’acqua estratta per la produzione mineraria è stata infatti sistematicamente inquinata e sottratta alle campagne che sostenevano la vita della comunità. Per questo motivo, il movimento del ’96 decise di sabotare le forniture d’acqua della miniera, occupando il monte Albban, dove si trova la più grande conduttura idrica. Buona lettura!

“Amussu”

Attraverso l’antico proverbio amazigh “Tar Izli Ur tamu” (un evento senza la sua poesia è un evento che non è mai accaduto), lə nostrə antenatə hanno affermato l’importanza della poesia e dell’arte e il loro ruolo fondamentale nella documentazione della nostra storia e nella ricchezza della memoria collettiva. Oggi, i mezzi di comunicazione si sono notevolmente sviluppati. Tuttavia, questo non significa che sostituiremo la poesia dellə nostrə antenatə con il cinema. Ma, piuttosto, che combineremo le due arti per rafforzare il nostro patrimonio culturale e l’eredità della resistenza.

Questa idea è stata applicata al nostro prossimo film documentario, “Amussu”, la cui creazione è di per sé una forma di resistenza. Il film racconta la storia della nostra continua lotta come comunità di Imider, un villaggio situato nel sud-est del Marocco. Negli ultimi decenni, abbiamo affrontato lo sfruttamento abusivo della più grande miniera d’argento dell’Africa, di proprietà della Managem corporation, una filiale della Royal Investment Holding. La nostra lotta riguarda il diritto all’acqua, alla terra e a una vita dignitosa.

Dall’estate del 2011 protestiamo contro le attività minerarie che hanno impoverito le risorse naturali e distrutto l’ambiente della nostra regione. Ma anche contro l’emarginazione e l’impoverimento della nostra regione da parte dello Stato Makhzenista. È per queste ragioni che ha visto la luce il nostro movimento sociale, che abbiamo chiamato “On the Road ’96“. Il suo nome ricorda l’ultima rivolta pacifica della nostra comunità, repressa violentemente nel 1996. Il Movimento sulla Strada ’96 riunisce le persone della tribù Imider, uomini e donne, giovani e anzianə, studentə e contadinə, attraverso l’Agraw – l’assemblea generale della comunità. L’Agraw è un antico sistema democratico Amazigh ereditato dallə nostrə antenatə dopo la fondazione della confederazione delle tribù Ait Atta, prima dell’istituzione del moderno Stato centrale. Con l’Agraw, prendiamo decisioni collettive attraverso la democrazia diretta.

Dopo il quinto anno di protesta, abbiamo deciso di realizzare un lungometraggio con l’aiuto di uno dellə tantə militanti della nostra causa: Nadir Bouhmouch, un giovane e ambizioso regista marocchino con cui abbiamo già collaborato per due cortometraggi e grazie al quale siamo riuscitə a dare il giusto valore a questo lavoro artistico. Avviata nel 2016, anche la produzione di questo film è realizzata attraverso Agraw le cui decisioni sono messe in atto dal “Comitato cinematografico locale di Imider”. Questo metodo di produzione, unico nel suo genere e basato sulla comunità, è lontano da quello tipico della produzione cinematografica odierna.

Le migliaia di persone che hanno espresso solidarietà alla causa di Imider in tutto il mondo hanno spesso compreso la nostra lotta attraverso la lente della resistenza, dei diritti umani, delle richieste, dei diritti all’acqua e del campo di protesta in cima al monte Alebban. Questa volta, però, Amussu rivelerà un mondo finora invisibile a molti, addentrandosi nei dettagli della vita quotidiana dei manifestanti, dei loro sacrifici e delle conquiste del campo di protesta. Attraverso questo lavoro che fonde la settima arte con la nostra ricca tradizione di poesia amazigh, esploreremo storie umane a cui pochə sono statə espostə. Sveleremo le diverse pratiche che regolano il rapporto delle comunità indigene con la terra, le loro conoscenze locali radicate in quelle storiche usanze democratiche che testimoniano la forza dei sistemi sociali e politici indigeni amazigh. Queste si contrappongono a ciò che vediamo oggi: leggi colonialiste che conservano ingiustizia e lo sfruttamento (in particolare le leggi relative alla terra, all’acqua e alle miniere).

Tuttavia, per quanto ricca sia stata questa esperienza, non è stata certo facile. Ci riferiamo al fatto che questo film è stato prodotto autonomamente, indipendentemente da qualsiasi altro ente. In quanto tale, l’intero processo di ripresa ha dovuto essere garantito dalla comunità, poiché abbiamo scelto i tempi e i luoghi giusti per le riprese per evitare le autorità. Alle difficoltà di girare un film in uno Stato repressivo si aggiungono le divergenze di idee tra di noi e tra noi e il regista. Questi aspetti vengono discussi in Agraw con l’obiettivo di raggiungere un consenso che soddisfi tutti, soprattutto nella fase di post-produzione. Al di fuori del processo di ripresa, abbiamo organizzato laboratori di cinema a beneficio dellə giovani e dellə bambinə del campo, sotto la guida della troupe cinematografica e con le stesse attrezzature utilizzate per produrre Amussu. Infatti, alcune scene del documentario sono state girate da questə giovani formatə, a dimostrazione della nostra ferma convinzione del diritto di praticare l’arte e la cultura senza alcuna restrizione. In questo modo abbiamo utilizzato direttamente il cinema, un’arte che non è affatto esclusiva di una certa categoria sociale o di chi ha soldi e autorità.

Nessunə di noi poteva immaginare quanto sarebbe durata la nostra occupazione della conduttura idrica o che un giorno avremmo prodotto un lungo film sulla nostra lotta. Abbiamo sempre sperato che sarebbe arrivato un giorno in cui i nostri problemi sarebbero stati risolti e le nostre vite normali ripristinate con dignità. Allo stesso tempo, rafforziamo la nostra resistenza per adattarci alle peggiori possibilità che potremmo trovarci di fronte un giorno, tra cui la continua indifferenza dello Stato makhzenista o il ritorno all’arresto arbitrario dellə nostrə giovani. In questi anni siamo statə costrettə a trasformare la nostra resistenza in uno stile di vita e ad adottare forme di resistenza sostenibili e a lungo termine, con la convinzione che il cambiamento prima o poi arriverà.

L’esperienza delle riprese di Amussu è inscritta in questa forma di resistenza a lungo termine. È un progetto non solo per e su di noi, lə attuali attivistə del Movimento sulla Strada 96, ma anche per la causa e le idee senza tempo che difendiamo, poiché garantisce la continuità e la comunicazione con le generazioni future e sfida tutti i tentativi di cancellare la nostra storia. Questa cancellazione è già avvenuta in passato, come vediamo oggi con le fuorvianti narrazioni dominanti sulla resistenza della tribù Ait Atta contro il colonialismo nel 1933, e durante le rivolte di Imider contro le azioni distruttive di Managem nel 1986, 1996 e 2004. Pertanto, Amussu funge anche da documento d’archivio per le generazioni a venire, servendo a preservare una parte significativa della memoria collettiva della lotta della nostra tribù.

Inoltre, è opportuno aggiungere che Amussu è un’esperienza cinematografica unica, poiché è il prodotto collettivo di un movimento di protesta sociale e non di una casa di produzione. Si tratta di un risultato raro, il primo del suo genere in Africa. Forse, le esperienze più simili sono quelle dellə indigenə latinoamericanə e dellə aborigenə australianə. Siamo orgogliosə di questo e speriamo che la nostra esperienza possa essere un modello per qualsiasi movimento sociale che voglia farsi sentire. Siamo anche orgogliosə di contribuire alla filmografia di Assamr (il sud-est) e di fornire un nuovo riferimento al mondo per comprendere la lotta del nostro villaggio assediato. Vediamo questo film come una voce di tutte le vittime dell’industria mineraria in Marocco (Tafraout, Askawn Taliwin, Bouazer, Akka Tata, Tighanimine, Tiwitt Iknioun, Oumjrane, Jerrada, ecc.) e la voce di tuttə coloro che lottano contro le industrie estrattive (come quelle dei bacini minerari del sud della Tunisia e dell’Algeria). Incoraggiamo tutte queste comunità a dimostrare maggiore interesse per l’arte della resistenza, l’arte di difendere le cause che ci riguardano tuttə. In particolare, quelle delle comunità indigene, considerando il loro attaccamento alla terra e all’acqua e le loro esperienze nella difesa di queste fonti di vita. Amussu non è solo un film ma un esperimento di resistenza pacifica, che sottoponiamo a tuttə lə attivistə delle cause sociali e ambientali.

Oggi celebriamo il nuovo anno Amazigh 2969. Dopo 90 mesi di esistenza del nostro campo di protesta e 2 anni da quando abbiamo avviato la produzione di questo film, Amussu vede la luce. Oggi, la nostra resistenza continua e conserviamo nella nostra memoria El Haj Mellioui, uno dei personaggi del nostro film che ci ha lasciato dopo una lunga lotta contro la malattia. Speriamo che la nascita di questo film generi nuove vite piene di amore e di speranza. La prima di Amussu si terrà presto qui al campo di protesta di Imider.