Giovedì 24 marzo, dopo 18 giorni di attività, è stato sgomberato lo stabile in via della Caffarella 13, occupato dalla Laboratoria Ecologista Autogestita Berta Cáceres.
Solo la mattina prima era stato convocato dalla Regione Lazio il tavolo richiesto fin dall’inizio dal collettivo di occupanti, proprio per discutere del futuro di quello spazio abbandonato e del progetto che nel frattempo vi aveva preso vita.
La politica si è fatta di buon grado scavalcare dalla forza poliziesca, o, peggio, ne è stata complice. Queste le richieste sul tavolo da parte dellə attivistə:
1. L’immediato dissequestro dell’immobile in Via della Caffarella 13.
2. L’avvio del percorso burocratico che possa fermare la messa all’asta dell’immobile e il suo ritorno tra il patrimonio inalienabile della Regione.
3. Il riconoscimento del valore politico, sociale ed ecologico della L.E.A. Berta Cáceres.
Come dimostrato dal testo della denuncia consegnata allə occupantə il giorno dello sgombero, è proprio la Regione Lazio a figurare come proprietaria dell’immobile.
Nella stessa denuncia viene definito come “bene immobile pubblico”, mentre l’annuncio della sua vendita come villino di pregio può essere trovato sul sito immobiliare.it, come una qualsiasi proprietà privata.
La Regione non ha smentito in alcun modo il suo ruolo diretto nello sgombero e si è detta indisponibile a rivedere la procedura di messa all’asta del bene e a chiarire, nonostante le ripetute sollecitazioni, il contratto che regola i rapporti tra Regione Lazio, il Fondo i3 Regione Lazio e INVIMIT che ne è il gestore.
Sebbene al tavolo fossero presenti assessorə all’ambiente e al patrimonio e Capo di Gabinetto di Comune e Regione, il direttore regionale bilancio demanio e patrimonio, e l’assessore alla scuola del Municipio VIII, nessunə ha voluto rispondere in merito alla non meglio chiarita commistione tra pubblico e privato e alle scelte politiche che da essa derivano.
Quest’ultima permette che stabili come quello di Via della Caffarella 13 siano svenduti alla speculazione e al profitto del mattone, beni che invece sono patrimonio pubblico e quindi un bene comune.
Questo sgombero è solo un esempio di come la transizione ecologica di cui sono piene le campagne elettorali di queste istituzioni sia perfettamente compatibile con il principio del profitto privato, che regola i sistemi di accumulazione insostenibili alla base dello stesso disastro ecologico.
Smascherare questa mistificazione e indicare i responsabili, nei fatti, di tale inaccettabile politica di transizione, continuerà a essere uno dei nostri obiettivi.